" MILANO Il taglio del costo del denaro da parte della Bce dovrebbe portare un po’ di respiro ai titolari di mutuo a tasso variabile mentre, dall’altro lato, potrebbe provocare un abbassamento degli interessi sui depositi. Dunque se i titolari di mutuo possono andare in banca, fin da questa mattina, per vedere di rifare i conti, chi ha depositi e titoli di Stato potrebbe incassare una cedola più bassa. Il condizionale è d’obbligo perchè in questi giorni di bufere finanziarie può succedere davvero di tutto, con i tassi ufficiali che si allontanano dai tassi di mercato (che sono quelli usati dalle banche). La maggior parte dei mutui a tasso variabile sono legati all’andamento dell’Euribor a 3 mesi, ovvero al tasso al quale le banche europee si scambiano, fra loro, il denaro. Si tratta di un tasso di mercato, solo in parte influenzato dall’andamento del tasso ufficiale di sconto. Infatti il tasso di sconto è al 2,75% mentre l’Euribor, ieri, era a 3,70%. Le banche, in genere, prendono come riferimento l’Euribor e poi ci aggiungono il loro guadagno, lo spread. In giorni di turbolenza, l’Euribor fatica a scendere e, dunque, il tasso dei mutui resta alto anche se la Bce taglia i tassi (come ha fatto ieri). Sull’argomento è intervenuta l’Adoc, una delle associazioni di difesa dei consumatori: «Le banche devono modificare tale sistema, agganciando il costo del mutuo al costo effettivo del denaro». Interviene anche il Codacons: «Il taglio della Bce dovrebbe determinare un abbassamento medio di 400 euro all’anno per chi ha un mutuo a tasso variabile. Questo, almeno, se i tassi interbancari scenderanno nella stessa misura, come logica vorrebbe». Per il Codacons, però, la priorità sono i mutui a tasso fisso, con tassi ancora superiori al 6%. Intanto il governo ha precisato i limiti del decreto anti-crisi in tema di mutui: non tutti i mutui a tasso variabile per prime case non di lusso scenderanno nel 2009 perlomeno al tasso del 4%. Il decreto legge, presentato dal Governo in Parlamento, prevede infatti che chi stipulò un mutuo a tasso variabile con un tasso contrattuale superiore al 4% «alla data di sottoscrizione del contratto» potrà ottenere solo di ritornare al tasso iniziale. Ad esempio, se il signor Rossi stipulò un mutuo a tasso variabile con un tasso iniziale del 4,5%, il decreto legge consente al signor Rossi di tornare a pagare il 4,5% e non il 4%. L’articolo 2, comma 1, del decreto legge prevede infatti: «L’importo delle rate, a carico del mutuatario, dei mutui a tasso non fisso da corrispondere nel corso del 2009 è calcolato con riferimento al maggiore tra il 4% senza spread, spese varie o altro tipo di maggiorazione e il tasso contrattuale alla data di sottoscrizione del contratto. Tale criterio di calcolo non si applica nel caso in cui le condizioni contrattuali determinano una rata di importo inferiore».