Il Codacons ribatte: le tariffe ferme sono solo quelle base, soggette al controllo del CIPE, ma gli aumenti sono vertiginosi e attuati attraverso la trasformazione di tutti i collegamenti, in treni speciali con pagamento del supplemento I.C., Eurocity o Rapido. Tanto è vero che se si scorre la tabella degli orari si vede che non esistono più gli espressi, tranne pochissimi treni, e gli interregionali sono anch’essi in alcuni casi sottoposti ad aumenti. Il Cipe deve quindi valutare il complessivo costo medio di ciascuna tratta in assoluto e non solo per la tariffa base. Il Codacons aveva già diffidato il Cipe a non concedere aumenti per le tariffe ferroviarie e una diffida era partita ai sensi della L.281/98 contro le F.S. che sostenevano che le tariffe erano ferme al 1997. L’associazione chiede (di nuovo) di partecipare al procedimento di controllo che dovrà fare il Cipe in base alla L. 241/90. Gli aumenti dati con l’attuale livello di fatiscenza del servizio sarebbero quindi un ulteriore schiaffo agli utenti. Per non parlare dei ritardi che subiscono quotidianamente i treni-pendolari, di proporzioni più o meno imbarazzanti, eppure a fronte di un simile disagio, risulta ad esempio che i treni a bassa percorrenza e, quindi principalmente utilizzati proprio dai pendolari per raggiungere il posto di lavoro, subiscono giornalmente e regolarmente, sia all’andata che al ritorno, dei ritardi. Sommando tutti i minuti di ritardo accumulati annualmente si ottiene un ammontare totale di dimensioni preoccupanti: i tanto vessati viaggiatori-pendolari perdono ore ed ore della propria vita a causa della inefficienza del servizio ferroviario italiano. Il Codacons annuncia che farà ricorso al Tar del Lazio contro gli inammissibili aumenti.