Anche sulla nuova povertà, l’Istat fa il gioco delle 3 carte, cambiando in corsa stime consolidate, sia perché sfavorevoli al ?manovratore?, che per non ammettere quella realtà sotto gli occhi di tutti: un impoverimento collettivo dei cittadini consumatori negli ultimi 3 anni. Nonostante gli aumenti incontrollati dei prezzi che hanno generato un costante impoverimento delle famiglie con il pretesto dell’euro, l’Istat l’anno scorso, nel presentare i dati sulla povertà assoluta, sbandierò una diminuzione dei poveri, cresciuti invece di ben 800.000 unità secondo un approfondito studio dell’USI, un sindacato della ricerca. Mentre ieri, invece di presentare i dati sulla ?povertà assoluta?, ha diffuso quelli sulla ?povertà relativa? etichettando i suoi dati come ?non statisticamente significativi?.
Scrive infatti l’Istat nel rapporto:
?A partire dal 2000 l’Istat ha condotto una serie di attività di carattere metodologico e di analisi per la verifica del paniere di povertà assoluta, che dovrebbe essere rivisto entro dieci anni, come suggerisce anche la letteratura internazionale. I risultati ottenuti – propedeutici alla rivisitazione del paniere della povertà assoluta – e la riflessione sulla metodologia utilizzata ne hanno messo in evidenza alcuni limiti, come ad esempio l’opportunità di includere i costi per i servizi sanità e istruzione e di utilizzare indici di variazione dei prezzi per singole categorie di beni ai fini dell’aggiornamento del valore monetario del paniere (cfr. su ww.istat.it ?La metodologia della povertà assoluta?, Istat. 2004).Pertanto l’Istat ha costituito una nuova commissione di studio, coordinata dal prof. Livi Bacci, chiamata a rivedere la metodologia, garantendo il carattere di minimalità del paniere di beni e servizi, aggiornandone la sua composizione, includendo/escludendo beni e servizi che acquistano/perdono carattere di essenzialità e rivedendone il valore monetario anche alla luce dei cambiamenti normativi. L’Istat, nel 2003, interrompe quindi la pubblicazione della stima della povertà assoluta basata sulla vecchia metodologia e pubblicherà le nuove stime a conclusione dei lavori della commissione e della definizione della nuova metodologia?.
Tale avvertenza, scritta in caratteri microscopici in calce alla prima pagina, dimostra che negli anni scorsi l’Istat ha raccontato favole agli italiani in ordine al numero dei poveri, non diminuiti ma cresciuti in valori assoluti di ben 800.000 unità nel 2002, perché il ?paniere della povertà assoluta?, non tiene conto delle spese per la sanità, l’istruzione ed i servizi socio-assistenziali, ipotizzando che i poveri ne usufruiscano gratuitamente!
La soglia di povertà, vale a dire la spesa per l’acquisto di un paniere di 42 tra beni e servizi essenziali (predeterminati dall’Istat), viene rivalutata annualmente dal 1997, non sulla base di indici specifici dei prezzi per le singole componenti, ma utilizzando la variazione dell’indice generale dei prezzi al consumo, che include, quindi, la totalità dei prodotti osservati, compresi quelli relativi ai consumi ritenuti non di prima necessità.
Tale metodologia sbagliata ammessa implicitamente dall’Istat, era stata messa alla berlina da un approfondito studio del sindacato della ricerca pubblicato sul suo sito www.usirdbricerca.it e sul sito www.adusbef.it dal 1 luglio scorso, perché a fronte di una variazione dal 1997 al 2003 del 14,7 per cento per la generalità dei prezzi al consumo, i prezzi di alcuni beni e servizi essenziali avevano fatto registrare variazioni ben superiori: patate (+ 47,9 %), merluzzi (+33,8 %), ortaggi (+ 29 %), frutta (+27,9 %), sogliole (+26,4 %), affitti delle abitazioni (+19,7 %). Rimuovendo questi fattori distorsivi, l’analisi – condotta utilizzando esclusivamente dati Istat ? ha evidenziato che il numero di nuclei familiari che nel 2002 si trovavano in condizioni di povertà assoluta era pari a 1.200.000, il 5,4 % del totale delle famiglie residenti, oltre 250.000 famiglie in più rispetto ai valori diffusi dall’Istat. A loro volta, gli individui poveri erano più di 3.700.000, pari al 6,5 % della popolazione residente, un numero superiore di 800.000 unità rispetto alle stime dell’Istat. Nel 2002 e 2003, vale a dire da quando è stato introdotto l’euro, le famiglie in condizioni di maggiore disagio economico hanno subito una inflazione molto più alta della media.
Adusbef e Codacons, che continuano a stigmatizzare le favole raccontate dall’Istat, ritengono che misurando con criteri corretti ed oggettivi gli indici di povertà, il totale delle famiglie che sono state spinte a vivere nella povertà assoluta, sia per la rincorsa sfrenata agli aumenti con il pretesto dell’euro che per le colpevoli omissioni del governo nel controllo dei prezzi nel biennio 2002-2003, sia aumentato di ben 1,5 milioni e non diminuiti, come l’Istituto di statistica che continua ad utilizzare il metodo ?trilussiano? vorrebbe far credere.