Gli unici contenti sono quelli della Coldiretti, “pronti a collaborare con la nostra rete di migliaia di aziende agricole che vendono direttamente ai cittadini e con i mercati degli agricoltori che stiamo aprendo in molte città “. Ma quando il tutto finirà nelle mani della grande distribuzione, si ricrederanno. Si chiama “carta sociale“ e sarebbe, nelle parole dell`immaginifico ministro Tremonti, una tessera prepagata per i pensionati al minimo da ritirare alla posta e da usare per l`acquisto di generi alimentari scontati. Una sorta di carta di debito che il governo elargirebbe contro il carovita con i soldi prelevati dai petrolieri. E così Robin Hood Tremonti compie la sua impresa – almeno a parole – toglie ai ricchi petrolieri per dare cibo ai poveri pensionati. Un bel quadretto. Da Medioevo anglicano. Ma proviamo a vedere i numeri. Secondo indiscrezioni dal Tesoro la “carta sociale“ dovrebbe andare a circa 1,2 milioni di italiani, varrà 400 euro l`anno e sarà coadiuvata da sconti garantiti dal settore privato (-10%) sugli acquisti effettuati con la carta e del 20% sulla bolletta elettrica (50-100 euro l`anno di risparmio). L`aggravio per la finanza pubblica sarebbe di 500 milioni. Su queste basi stanno lavorando i tecnici di Tremonti. ma qualcosa non quadra a un primo colpo d`occhio. Secondo l`Istat, infatti, al 31 dicembre 2005 i pensionati italiani erano 16.560.879, così suddivisi: oltre la metà percepisce un assegno inferiore ai 1.000 euro al mese (il 54,8%), quasi un quarto ha un trattamento inferiore ai 500 euro al mese (il 23,8% ), mentre solo il 9,9% del totale può contare su più di 2.000 euro. Ora, chi è un povero pensionato? Si spera sia almeno quello sotto i 500 euro di reddito al mese. Quindi, ai dati del 1995, sicuramente inferiori a quelli odierni, i pensionati “poveri“ sono 3.941.489. E se il fondo della tassa sui petrolieri sarà circa di un miliardo la loro “carta sociale“ di conseguenza ammonterà a 253 euro. Un`elemosia di Stato. Il calcolo è spannometrico – per forza l`abbiamo fatto noi – ma non è meno affidabile delle indiscrezioni ministeriali volte ad annunciare politiche di redistribuzione per lo emno umiliante, ammesso che ci siano. Il tutto si gioca sulla definizione di pensione minima su cui Berlusconi ha già giocato più volte le sue vane promesse elettorali. Tecnicamente “la minima“ è un`integrazione via Inps al pensionato che non raggiunge il “minimo vitale“ (da 11mila euro anno di reddito per un single, ai 23mila euro per due coniugi). Il tutto vale al primo gennaio 2008 la bellezza di 443,12 euro mensili. Quanto dell`integrazione di Stato si è già mangiato l`aumento dei prodotti alimentari (+5,8% da gennaio, con pasta e pane oltre il 10%) con l`inflazione generale che macina record su record (+3.6% a maggio)? Quasi tutto. Ed è comprensibile che proprio un rappresentante dei pensionati, il segretario dello Spi-Cgil di Bologna, Bruno Pizzica, paragoni l`iniziativa del governo alla “tessera annonaria“ di fascista memoria: “Un provvedimento da alta scuola di demagogia buono per guadagnare vistosi titoli di giornali, ma che esporrà alla mortificazione i pensionati che ne fruiranno e che saranno immediatamente individuati come “poveri““. Non deve avere torto il sindacalista se pure Tremonti si era premurato di precisare che la carta sarebbe stata anche “un modo per mantenere l`anonimato perché non è giusto umilare nessuno“. La cultura definitivamente imposta dal berlusconismo, d`altronde, è questa: poveri colpevoli, ricchi meritevoli. Quindi che si nascondano. Il minimo che poteva fare il governo era avere la decenza di portare a 800 euro la minima, come chiedeva il Codacons (e Bertinotti) o di sgravare gli anziani da costi di servizi sociali e tasse. Ma non lo farà . Se ne accorge anche Tiziano Treu (Pd) che lamenta “l`assenza assoluta di un intervento redistributivo per i salari e le pensioni“ da parte del governo “per combattere le diseguaglianze e per sostenere i consumi“. Quando era al governo però faceva il contrario.