Codacons e Adiconsum sono sul piede di guerra e preparano azioni contro il Comune per le cartelle esattoriali relative ad un presunto (ma irreale) omesso versamento nelle spese di giacenza postale relative al recapito di verbali di contravvenzioni. In attesa di un incontro, le associazioni dei consumatori chiedono intanto l`intervento del difensore civico della Provincia. Ma vediamo intanto cosa sta succedendo in tante famiglie lucchesi tartassate per il solito cattivo funzionamento della burocrazia. Da buon cittadino, Mario Rossi, ha pagato con bollettino postale nei 60 giorni successivi alla notifica, la contravvenzione elevata dalla polizia municipale per divieto di sosta pari a 35 euro, oltre ad euro 8,50 per spese non meglio dettagliate. A distanza di tre anni gli viene notificata ora una cartella esattoriale per il recupero di un importo che nel frattempo è esploso ad euro 98,69. Mario Rossi, cittadino modello, chiama intorno a sé moglie e figli e, citandosi ad esempio, dice loro come sia importante conservare le ricevute di pagamento: se non lo avesse fatto, sarebbe stato costretto a pagare di nuovo l`importo. All`indomani si reca presso gli uffici della polizia municipale ma, contrariamente alle sua aspettativa di sentirsi chiedere scusa per l`increscioso disservizio, gli dicono, senza troppi complimenti, che quella ricevuta gli può servire, se vuole, per allegarla al ricorso da presentare al giudice di pace. A casa, Mario Rossi, cittadino modello, riferisce che tutto è andato per il meglio, perché non vuole che figli e moglie si facciano un cattivo concetto di come vanno le cose in Italia. Così, all`insaputa di tutti, e con una certa fatica, prepara una istanza al giudice di pace, e siccome non è avvocato, deve prendere una mezza giornata di permesso per presentarla personalmente e più che altro per chiedere alle signore della cancelleria se la domanda è completa, se occorre la marca da bollo, quando e come verrà convocato. Per il giorno della discussione del ricorso, deve chiedere di nuovo al datore di lavoro una mezza giornata di permesso, quindi altre quattro ore di lavoro non retribuito. Il giudice di pace, di fronte a tanta evidenza, accoglie il ricorso, con grande soddisfazione di Mario Rossi, cittadino modello, che appena fuori della sala udienze, facendo i suoi conti, si accorge, con una certa amarezza, che la sua vittoria, in fondo, gli è costata otto ore di lavoro, la fatica di redigere il ricorso, qualche preoccupazione (perché i ricorsi non si sa mai come vanno a finire), e un grande sconforto di come le cose vanno in Italia. Questa è storia di tanti Mario Rossi di Lucca, che nella maggior parte dei casi si trovano a pagare quello che hanno già pagato, unicamente perché non possono dimostrarlo, non avendo conservato le ricevute di pagamento, per aver troppo confidato nel buon andamento della pubblica amministrazione, come è assicurato dall`articolo 97 della nostra Costituzione. A volte non serve nemmeno conservare le ricevute perché il Comune, unico in Italia a basarsi su una interpretazione, del tutto illogica, che dà all`articolo 203, comma 3, del Codice della Strada, pretende di nuovo l`intero pagamento quando non vengono versati i diritti per poco più di tre euro. Addirittura, seguendo un vecchio cliché di memoria costitutiva al giudice di pace, lo pretende anche quando tali diritti sono stati pagati, dimenticando di aver fornito al cittadino il bollettino postale precompilato contenente i diritti. C`è evidentemente qualcosa che non funziona in Comune.