A un certo punto qualcuno in Italia ha deciso che risparmiare anche in estate era troppo. E ha ricominciato a spendere, facendo rialzare l’indice delle vendite al dettaglio nel mese di luglio. Il balzo è lieve, solo lo 0,6% in più rispetto a quello di maggio, secondo l’Istat, ma comunque sufficiente a invertire un segno meno che si ripeteva da marzo. Il miglioramento, poi, risulta ancora più evidente se confrontato con quanto avveniva lo scorso anno: vendite in aumento del 2,1% su luglio 2007. Sarà stato il caldo, l’euforia delle vacanze che toglie ogni freno, gli italiani hanno ripreso a comprare quanto l’inflazione al 4,1% permetteva di acquistare. Si potrebbe pensare che la scelta sia ricaduta esclusivamente sul cibo, si scopre invece che le vendite al dettaglio di alimentari, in un mese, sono cresciute allo stesso modo dei non-alimentari: +0,6%. Nel primo caso l’acquisto è stato giustificato da una necessità primaria, nell’altro a invogliare sono stati i saldi di fine stagione che, come da tradizione, hanno riportato nei negozi quanti nei mesi precedenti erano rimasti davanti alle vetrine. Ma che la molla della fame sia stata quella più forte e condizionante lo dimostrano due dati. Innanzitutto, i risultati su base tendenziale assegnano il primato di crescita alle vendite dei generi alimentari che, rispetto a luglio dell’anno scorso, sono aumentate del 3,8%, in confronto a quelle dei non alimentari, fermi a un +1,1%. A questo si va ad aggiungere e a intersecare una considerazione che le associazioni dei consumatori hanno subito fatto propria. L’analisi dell’Istat prende in esame il volume totale degli affari, fatto sì di quantità di articoli venduti ma anche del costo che essi hanno, inevitabilmente influenzato da un rialzo dei prezzi che, negli ultimi mesi, ha colpito alimenti e bevande analcoliche più che tutto il resto. Il Codacons lo denuncia chiaramente, togliendo alla cifre fornite dall’Istat le potenzialità per segnare la fine del rallentamento economico: "Il dato va letto in parallelo con quello dell’inflazione di luglio, pari al 4,1, record dal giugno del 1996. Ecco perché ad aumentare di più sono le vendite di prodotti alimentari, semplicemente perché a luglio aumentarono addirittura del 6,3%". A mantenere alto il livello di attenzione contribuiscono, poi, altri fattori. Gli hard discount restano le mete privilegiate dello shopping, con una crescita del 5,9%, più dei grandi magazzini (+5,7%) che però, a loro volta, fanno meglio della piccola distribuzione (+0,7%). Una catena alla quale si aggrappa la speranza di risparmio dei consumatori, soprattutto quelli che abitano nelle regioni del Nord-est (+2,9%) e del Nord-ovest (+2,8%), che sono poi anche quelle dove si compra di più. A conferma, ancora una volta, che non siamo di fronte a una ripresa, tanto meno generalizzata, piuttosto a una maggiore predisposizione all’acquisto da parte di chi, forse, già poteva e per un certo periodo ha evitato di farlo. Seppure ad alcune condizioni, perché dall’aumento generale restano fuori alcune tipologie di prodotti per i quali si sono avuti leggere perdite. Se le diminuzioni nella cartoleria si spiegano con il periodo di chiusura delle scuole, quelli nei reparti di informatica e telecomunicazioni sono meno scontati in un mercato come il nostro che, per quanto saturo, continua ancora a destare interesse. Inspiegabile invece, o forse fin troppo chiaro, il calo nella vendita di libri, giornali e riviste: nemmeno l’ombrellone è riuscito nel miracolo