MILANO. La Banca centrale europea taglia il tasso di sconto di mezzo punto percentuale, portandolo dal 3,75% al 3,25%, il minimo dall’ottobre 2006 (si tratta del tasso al quale la Bce finanzia gli istituti di credito). La mossa, va detto, era scontata e non è piaciuta al mercato e al mondo delle imprese, che si aspettavano un taglio più corposo dei tassi di interesse. «Se è vero – dicono alcuni operatori – che siamo nel bel mezzo di una crisi economica che rischia di diventare epocale, Trichet doveva più coraggio». Jean-Claude Trichet, presidente della Bce, invece, spiega che «le prospettive di stabilità dei prezzi sono migliorate ulteriormente». E aggiunge: «Le aspettative inflazionistiche continueranno a scendere». Ma non è questo il punto, non è più l’inflazione a fare paura perchè il basso prezzo del petrolio dovrebbe portare a un calo delle altre materie prime e dei beni di prima necessità. E comunque, in un momento di calo della domanda, i prezzi dovrebbero scendere e questo dovrebbe tranquillizzare i banchieri di Francoforte. Molti fanno notare che la Fed, per contrastare la crisi, ha usato le maniere forti, portando i tassi americani dal 5,25% del settembre 2007 all’1% attuali. E lo stesso ha fatto la Banca d’Inghilterra, dal 5,75% di allora al 3% di oggi. Addirittura il Giappone, che aveva un costo del denaro irrisorio, allo 0,5%, lo ha tagliato per portarlo allo 0,30%. Ieri, va aggiunto, sono stati tagliati i tassi anche in Svizzera, Danimarca e Repubblica Ceca. I vertici della Bce, nel comunicato seguito alla decisione di tagliare i tassi, hanno «sgridato» le banche che «devono essere all’altezza della loro responsabilità». In sostanza da Francoforte si chiede agli istituti di credito di tornare a prestare soldi in modo che i tassi di mercato possano abbassarsi. Altri tagli? Trichet ha già messo le mani avanti. «Non escludo – dice – un nuovo taglio dei tassi a dicembre. Tutto dipende dai dati e dalle cifre in arrivo. Aspettiamo di sapere come andranno crescita e inflazione». La crescita, e lo dice il Commissario Ue agli affari economici, Joaquin Almunia, nel 2009 è prevista molto bassa (solo lo 0,1%) mentre l’inflazione dovrebbe fermarsi al 2%. Le reazioni. Aurelio Maccario di Unicredit dice: «La Banca d’Inghilterra taglia dell’1,50% e la Bce solo dello 0,50%. Si ha l’impressione che le due banche vivano su due pianeti diversi. In un mese il mondo è cambiato e la Bce sembra non essersene accorta». Euribor. E’ proprio il tasso di mercato al centro delle discussioni. Le banche, in genere, prestano il denaro (anche nel caso dei mutui) al tasso Euribor (un tasso stabilito dal mercato e, pertanto, variabile tutti i giorni) e questo tasso, ieri è sceso al 4,59% ma nelle scorse settimane si era impennato, destando non poche preoccupazioni al sistema del credito. I mutui. Ieri a invocare un abbassamento dei tassi interbancari, così come è sceso il tasso applicato dalla Bce, è stato il Codacons, una delle associazioni di consumatori. «Il taglio della Bce – si sostiene – dovrebbe determinare un abbassamento medio di 290 euro all’anno per chi ha un mutuo a tasso variabile. La Bce ha immesso liquidità nel mercato, i governi europei hanno garantito i prestiti interbancari e i tassi sono stati tagliati, in un mese, dell’1%. Ora non ci sono più scuse per le banche». La Popolare di Milano. Ieri ha destato ammirazione nel mondo economico e politico la decisione della Banca Popolare di Milano di concedere i mutui non più agganciati all’Euribor ma al tasso di riferimento della Bce. L’offerta, chiamata Euromutuo, sarà disponibile da lunedì. La decisione di Bpm è apprezzata da Adusbef e Federconsumatori che parlano di «rottura del cartello bancario» e adesso auspicano che Unicredit, Intesa San Paolo e Montepaschi possano seguire l’esempio. Per le due associazione di consumatori, agganciare i mutui al tasso di riferimento della Bce anzichè all’Euribor, può consentire risparmi di 100 euro al mese, 1.200 euro all’anno, su un mutuo di 100 mila euro.