Inflazione in forte frenata a novembre. L’indice dei prezzi al consumo è sceso al +2,7% dal +3,5% di ottobre, mettendo a segno un ribasso su base mensile che non si vedeva da cinquant’anni (-0,4% come nel lontano 1959). Incide soprattutto il calo del comparto energetico, trainato dai ribassi del petrolio, ma si fa sentire il calo dei consumi scatenato dalla crisi economica. Proseguono invece i rincari degli alimentari, con la pasta che costa sempre il 30% in più rispetto all’anno scorso. Intanto i consumatori avvertono che a fine anno si abbatterà sulle famiglie una stangata da 1.700 euro e sollecitano misure per salvare i consumi in vista delle feste natalizie.A novembre, secondo le stime preliminari diffuse dall’Istat, l’inflazione è calata di 0,8 punti percentuali rispetto a ottobre e di quasi un punto e mezzo rispetto al massimo del 4,1% di luglio e agosto, tornando così ai livelli di fine 2007 (era al +2,6% a dicembre 2006). Un contributo sostanziale a questo rallentamento è venuto dei beni energetici che, grazie alla discesa del prezzo del greggio, sono calati in un mese del 4,8%, portando la variazione annuale al +3,2% (dal +10,4% di ottobre). A crollare sono in particolare i carburanti, che ora costano meno anche rispetto ad un anno fa: la benzina è calata del 10,5% in un mese e costa il 7,5% in meno rispetto a novembre 2007; il diesel è sceso dell’8,6% in un mese e del 2,1% in un anno. Non è accaduto lo stesso alle tariffe energetiche, che registrano in ritardo l’andamento del petrolio e delle materie prime.Continuano invece ad aumentare da un mese all’altro i prezzi degli alimentari, anche se su base annua si evidenzia un certo rallentamento. La pasta in particolare (+0,5% in un mese) costa ancora il 30% in più rispetto allo scorso anno (era il +31,6% a ottobre); il pane è aumentato dello 0,2% da ottobre e del 4,2% in un anno (dal +6% di ottobre). E se secondo la Confederazione degli agricoltori certe impennate non si giustificano, l’Ufficio studi di Confcommercio prevede che nei prossimi mesi la pasta dovrebbe registrare un «ridimensionamento dei prezzi molto consistente» con il trasferimento anche al consumo della tendenza riflessiva che sta cominciando ad interessare la produzione.Nell’industria intanto prosegue il rallentamento dei prezzi alla produzione, che ad ottobre hanno segnato un -5,2% su base annua e un -1,5% rispetto al mese precedente, il calo congiunturale più ampio dal 1980, cioé da quando esiste l’indice, dovuto soprattutto al fortissimo calo dei prodotti petroliferi raffinati. E mentre l’Isae annuncia che per i prossimi mesi ci si attende un’ulteriore rallentamento dell’inflazione, la Confesercenti evidenzia che il dato di novembre è virtuoso ma anche «preoccupante», visto che «se l’inflazione scende e scenderà ancora, possono salire invece altri indicatori: chiusure di imprese e disoccupazione». Anche il leader della Cisl Bonanni evidenzia l’altro lato della medaglia: «Da una parte c’é un’inflazione minore e questo va bene, dall’altra segnala una depressione dei consumi». Preoccupati i consumatori: nonostante il calo dell’inflazione e la riduzione degli acquisti, secondo le stime del Codacons, a fine anno ogni famiglia si ritroverà in bilancio una stangata di almeno 1.700 euro