Primo no del Tar Veneto al blocco del lavori per la costruzione della Ederle 2. In una giornata caotica, farcita di voci e notizie contrastanti sulle decisioni dei giudici amministrativi di primo grado, il tribunale veneziano respinge la richiesta di sospendere in via cautelare l’operazione Dal Molin avanzata da Legambiente, comitato "Più democrazia" e Coordinamento dei comitati del No. I ricorrenti non si danno per vinti: "L’esito era prevedibile. È solo una tappa: ora aspettiamo la sentenza di merito". Il centrodestra esulta: "Per l’ennesima volta l’autorità giudiziaria boccia le tesi dei No Dal Molin, escludendo allarmi ambientali". L’UDIENZA. Il provvedimento reso noto ieri è la prima decisione assunta dai giudici dopo l’udienza di mercoledì. Nell’arco di tre ore abbondanti di dibattimento, sono stati esaminati due diversi ricorsi. Il primo è il più antico: porta la firma di Codacons e di alcuni esponenti dei comitati del No, ai quali si sono aggiunti altri soggetti istituzionali, fra cui i Comuni di Vicenza e Padova. Di questo troncone è già stata esaurita la fase dei provvedimenti in via cautelare, cassati per due volte dal Consiglio di Stato. L’attesa è tutta per la sentenza di merito. Il ricorso più fresco è stato invece promosso da Legambiente, comitato "Più democrazia" e Coordinamento dei comitati del No. A difesa della procedura, in entrambi i casi, figurano il governo e la Regione Veneto. Ancora una volta la palla avvelenata del Dal Molin è finita sulla racchetta della prima sezione presieduta dal giudice Bruno Amoroso, che a giugno aveva concesso la sospensiva e a settembre aveva respinto lo stop al referendum. Questa volta, invece, forse in ossequio a quanto stabilito dalla corte più alta in grado, il Tar non stoppa l’operazione della Ederle 2, rinviando tutti i protagonisti alla sentenza di merito per i due ricorsi presentati dal fronte del No. LE MOTIVAZIONI. C’è un rebus contro il quale la telenovela giudiziaria del Dal Molin va puntualmente a cozzare. Come in circolo vizioso, chi si oppone alla base chiede ai giudici di ordinare al ministero della Difesa di esibire il progetto definitivo. L’Avvocatura di Stato risponde che proprio perché ancora non c’è un progetto definitivo, la tesi del danno ambientale e della richiesta di un blocco precauzionale decade. E il Tar ha riconosciuto in questo teorema un fondamento sufficiente per negare lo stop chiesto da Legambiente e comitati. Ambientalisti e comitati avevano chiesto la sospensione dell’efficacia dei provvedimenti con cui Regione Veneto e Genio militare avevano rispettivamente approvato la Vinca, ovvero la Valutazione di incidenza ambientale, e il progetto base dell’intervento. Il collegio di giudici ha invece ritenuto di conservare l’efficacia dei provvedimenti impugnati osservando come gli avvocati di Stato e Regione avessero fatto presente che gli atti impugnati sono parti di un unico procedimento, il quale troverà conclusione con l’approvazione del progetto definitivo. Su queste premesse il Tar ha quindi ritenuto che gli atti impugnati non sono in grado di provocare un "danno attuale, configurabile in relazione al livello di maggiore definizione del progetto, ancora a venire". "Non è finita qui – commenta Giancarlo Albera, portavoce dei comitati del No – anche perché fino a prova contraria, se non c’è un progetto, non possono iniziare i lavori".