«Avevamo ragione». Esordisce così Francesco Tanasi, segretario nazionale Codacons, in un comunicato stampa. «Le quote in bolletta relative ad imposta fognaria ed imposta di depurazione» che hanno determinato un danno agli utenti del servizio idrico pari al 50% di quanto fatturato in bolletta per il consumo dell’acqua.
«Dopo la sentenza della Corte Costituzionale 335/2008 – scrive Tanasi – che ha decretato l’illegittimità della richiesta di tali quote in caso di mancanza del depuratore, il Codacons torna all’attacco diffidando attraverso i legali Avvocati Floriana Pisani e Laura Mascali, le società idriche, i Comuni interessati, e l’Ato che hanno richiesto illegittimamente tali quote a interrompere l’inserimento in bolletta della voce "canone fognatura e depurazione" nonché a rimborsare gli utenti dell’intero ammontare da questi versato per tale causale, nonché al risarcimento di euro 200,00 più interessi ad ogni utente per i danni da stress per l’ingiusta vessazione subita».
La sentenza della Corte Costituzionale ha effetto nei confronti di tutti ed elimina la legge dall’ordinamento. «È pertanto consentito agire per la restituzione di quanto pagato in forza di una legge dichiarata successivamente incostituzionale, sempre che l’azione non si sia prescritta o che non vi sia stato un giudicato. In caso di mancato adempimento – annuncia il Codacons – nei tempi abbiamo dato mandato all’avvocato penalista Isabella Altana di agire dinnanzi l’autorità giudiziaria per i reati di omissione e abuso d’ufficio».