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Banche, assicurazioni e aziende italiane “hanno un’esposizione limitata”

 Banche, assicurazioni e aziende italiane "hanno un’esposizione limitata" verso Lehman Brothers, la banca d’affari Usa travolta dai mutui subprime. Sulle ricadute di questo clamoroso crac si sono confrontati ieri le tre Authority "finanziarie" (Bankitalia, Consob e Isvap) e il ministero del Tesoro, nella riunione del Comitato per la stabilità finanziaria. "Le conseguenze sul sistema bancario italiano sono nel complesso contenute", ha detto il direttore generale di Bankitalia, Fabrizio Saccomanni, che ha partecipato alla riunione, in assenza del governatore Draghi. L’esposizione dei primi venti gruppi bancari italiani verso la banca d’investimento Usa non supera lo 0,5% del loro patrimonio di vigilanza, "valore significativamente inferiore alla media europea". Lamberto Cardia ha messo sul tavolo i dati raccolti dalla Consob in un’indagine su un campione rappresentantivo delle società italiane diverse da banche e assicurazioni. Circa i due terzi non ha alcuna esposizione verso la Lehman, mentre per gli altri "i rischi appaiono limitati". Infine l’Isvap. Giancarlo Giannini ha sostenuto che "l’esposizione del sistema assicurativo italiano al rischio Lehman Brothers risulta limitata". Le imprese assicurative detengono titoli della banca d’affari per 1,14 miliardi di euro, pari allo 0,40% delle riserve tecniche. Dal giro di tavolo il ministro Tremonti ha quindi ottenuto rassicurazioni sulla stabilità del nostro sistema finanziario. Il Comitato ha deciso comunque "di continuare a mantenere sotto costante osservazione la situzione". Ma non ci sono solo le società, ci sono anche i risparmiatori che hanno comprato quelle ormai famose polizze index linked, "per le quali il rischio di investimento- come si legge nello stesso comunicato del Comitato- il rischio di investimento è a carico degli assicurati".  Secondo il Codacons sono 40 mila le persone a rischio di perdere tutto. L’associazione dei consumatori ha già annunciato che promuoverà una class action, un’azione collettiva, per verificare se non ci siano stati comportamenti fraudolenti da parte delle compagnie. "E’ un problema di singole aziende e occorre avere sensibilità sociale, ma non esistono, per quanto accertato, responsabilità giuridiche o contrattuali", ha risposto ieri il presidente dell’Ania, Fabio Cerchiai, ai giornalisti che lo aspettavano per l’audizione alla Camera. "Bisogna tutelare l’interesse dei clienti riuscendo ad avere da Lehman quanto più possibile. Questa – ha aggiunto- è l’azione più sensata di oggi, e non solo a livello italiano". Il problema che adesso si pone è "affiancare il più possibile i clienti nell’esercizio dei loro diritti". E "l’associazione questo ruolo può sottoporlo e proporlo alle imprese". E’ una candidatura per l’Ania? Per il resto respinge ogni accusa di responsabilità delle associate. "Non vi è stata alcuna disinvoltura nel progettare prodotti che godevano di un elevato merito creditizio, e che soddisfacevano tutte le normative, anche recenti, in termini di trasparenza informativa e adeguatezza alle esigenze del cliente". Sull’effetto Lehman è intervenuto anche il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli. "Le nostre banche non erano abbastanza internazionalizzate per essere coinvolte".

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