Gli utenti fanno i conti di quanto pagato ingiustamente mentre i Comuni tremano all’idea di rimborsi da svariate centinaia di euro a famiglia Dire che siamo di fronte al tipico buco nell’acqua, probabilmente, è un modo troppo sarcastico per definire l’accaduto. Crediamo invece che etichettandolo come una «falla» della Legge Galli e del Codice Ambiente, riusciremo meglio a sintetizzare il significato della sentenza emessa dalla Corte Costituzionale il 10 ottobre. La Consulta ha dichiarato illegittima una quota della tariffa che grava sulla fruizione dell’acqua nei Comuni in cui non avviene (realmente) la depurazione. Secondo il Codacons, sono 800 euro a famiglia che i Comuni «colpevoli» dovranno restituire per gli ultimi cinque anni di depurazione pagata indebitamente. Le ansie dei sindaci Se si è giunti a questo risultato bisogna dare atto proprio al Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e la tutela dei diritti di utenti e consumatori, che tempo fa aveva chiesto ai Comuni la restituzione della tassa di depurazione perché riteneva che per molti di loro questo servizio fosse inesistente. E la Corte Costituzionale ha palesato questa convinzione. Lasciando da parte l’aspetto giuridico, questa sentenza ha già cominciato a sollevare le preoccupazioni di molti sindaci, in particolar modo se si pensa agli effetti che questa avrà sui bilanci degli Enti locali. Basti pensare che in alcuni Comuni bresciani molti utenti hanno già avanzato la richiesta di restituzione di queste somme. Secondo gli ultimi dati disponibili, il Servizio idrico integrato porta nelle casse dei nostri Municipi oltre 21 milioni di euro all’anno, pressapoco settanta euro pro capite. Vero è che la tariffa del Servizio idrico integrato è corrisposta a fronte dell’attività generale del gestore di tale servizio per conto dei Comuni o direttamente alle Amministrazioni locali. Entrambe svolgono un’attività che si articola in tre distinti elementi: il servizio acque potabili, le prestazioni di fognatura e le opere di trattamento reflui. Il Codacons batte cassa Una quota della tariffa, quella relativa al servizio trattamento reflui, è corrisposta a fronte dell’utilizzo dell’impianto di depurazione e secondo la Legge Galli del ’94 (poi confluita nel Testo unico ambientale) questa era dovuta anche se mancava l’attività di depurazione. Ma solo fino allo scorso 10 ottobre. «Tutte le famiglie italiane che hanno pagato bollette per un servizio in realtà inesistente – ha detto il presidente della Codacons, Carlo Rienzi – possono chiedere la restituzione di quanto versato negli ultimi cinque anni. In questo arco di tempo, stimiamo che ogni famiglia abbia pagato, in media, circa ottocento euro. Soldi percepiti indebitamente e che ora devono essere restituiti». Secondo l’articolo 136 della Costituzione «Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione» e pare che su questo punto intendano partire i Comuni per evitare esborsi troppo gravosi. Nello stesso tempo alcuni esperti hanno invece avanzato l’ipotesi che la sentenza avrà di sicuro un effetto retroattivo e che solo un intervento del Governo potrà salvare la pendenza dei Comuni.