Il Governo italiano non può solo lamentarsi,come ha fatto di recente il Presidente Berlusconi,in merito al debito argentino (14 miliardi di euro,28.000 miliardi di vecchie lire) in mano a 400 mila risparmiatori italiani,che è pari all’1 per cento dell’intero PIL,ma ha anche il dovere di passare all’azione,anche intervenendo,assieme ai partners europei su Stati Uniti e Fondo Monetario,per trovare soluzioni rapide e condivise alla gravissima crisi finanziaria.
Non è semplice aiutare il Paese latino-americano ad uscire dalle gravissima crisi che,oltre ad aver colpito i detentori dei titoli di stato argentini,anche in virtù dei cattivi consigli delle banche,ha messo in ginocchio le classi sociali più deboli ai quali manca tutto,dal cibo ai medicinali,ma l’Italia, che a differenza degli altri paesi,annovera il 50 per cento della popolazione argentina di origine italiana, ha un dovere in più per trovare in tempi brevi, ragionevoli vie di uscita.
Anche perché il default dichiarato dall’Argentina pesa come un macigno sui risparmiatori italiani ed aggrava la crisi dei consumi e la capacità di spesa dei detentori,per un controvalore che il CITA (Adoc,Adusbef,Codacons,Federconsumatori) ha stimato in 2.520 miliardi di vecchie lire l’anno (312,5 di ritenute fiscali e 2.188 di interessi netti ai risparmiatori) : a tanto ammonterà il mancato incasso delle cedole,iniziate a gennaio 2002,su un tasso medio pari al 9 per cento annuo.