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Cala ancora il prezzo del petrolio ma quello della benzina non scende

ROMA – Il petrolio scende ancora, la benzina è ferma. E se aggiustamenti al ribasso hanno interessato il diesel, la verde è rimasta sostanzialmente stabile negli ultimi giorni. Il terremoto causato dal crack di Lehman Brothers, il rischio che il copione possa ripetersi per il colosso delle assicurazioni Aig, la difficile situazione di Goldman Sachs, uniti ai timori che la crisi finanziaria in atto si riverberi sull’economia reale e si traduca in recessione, sono il mix che sta trascinando il greggio al ribasso. Il barile è tornato ieri sotto i 90 dollari, con il Brent che ha toccato quota 89,2 dollari, il livello più basso dall’inizio del marzo scorso. Una discesa "figlia" dell’impasse finanziaria, legata al principalmente al fatto che chi ha puntato sul greggio nei mesi passati, investendo sui futures oggi sta uscendo da queste posizioni. Il calo del barile dovrebbe portare con sé l’effetto positivo di una discesa dei prezzi dei carburanti. E un ribasso c’è stato, come hanno confermato anche i dati diffusi ieri dall’Istat. Ma il "taglio" – denunciano le associazioni dei consumatori – non è in linea con la riduzione delle quotazioni petrolifere: resta una quota di "speculazione" che ammonta a 7-8 centesimi al litro.  Adoc, Adusbef, Codacons e Federconsumatori, hanno confrontato i listini odierni dei carburanti con quelli di novembre e dicembre 2007 e di gennaio e febbraio 2008, periodi in cui il petrolio si attestava, come ora, sui 90 dollari. E hanno tenuto conto di "un fattore di correzione, sul prezzo industriale, dovuto al cambio dollaro-euro, con una percentuale di apprezzamento del 4,5%". Risultato: la benzina dovrebbe costare 1,38 euro al litro, contro la media attuale di 1,45 euro, il gasolio 1,31 euro, mentre è venduto a 1,39-1,40 euro al litro. L’Unione petrolifera non ci sta e parla di "accuse non basate su dati di fatto". Il reale riferimento per la definizione dei prezzi interni, avverte l’Up, sono le quotazioni dei prodotti finiti scambiati sulle piazze internazionali, che "nei periodi in cui il greggio presentava valori simili a quelli odierni, erano ben inferiori a quelle attuali anche tenendo conto dell’effetto cambio". Ma a segnalare che qualcosa non va non sono solo i consumatori. Il Cerm parla di "anomalie" concentrate nei "prezzi industria, che mantengono margini di ricavo elevati lungo tutta la filiera e indipendenti da ciclo del petrolio".

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