La situazione dei piccoli risparmiatori italiani non è certo invidiabile. Il crollo delle azioni quotate in borsa ha creato un clima di sfiducia generale nel panorama finanziario del nostro paese. Il CODACONS scende in campo in difesa dei piccoli risparmiatori, invitando costoro a non vendere, in massa, le proprie azioni, e semmai ad investire in fondi obbligazionari o valori immobiliari. L’associazione vuole inoltre vederci chiaro circa la nera situazione della finanza italiana. Le domande che si pone il CODACONS sono: chi, attraverso abili manovre, sta speculando a danno dei consumatori? Chi, dal crollo della borsa italiana, sta traendo profitto? L’associazione presenta quindi un esposto a 58 Procure della Repubblica, a cui gira tali quesiti. Nell’atto dell’associazione il riferimento a intermediari finanziari, banche ed altri soggetti che potrebbero essere interessati è chiaro. Nell’esposto si chiede inoltre alle procure di accertare, mediante appositi controlli presso le società pubbliche e private, e presso tutti gli intermediari finanziari che operano nel territorio di competenza di ogni Procura, se ci siano state manovre speculative tese a danneggiare i risparmiatori, ricordando che l’insider-trading è un reato punito dalle leggi italiane con la reclusione. Il CODACONS chiede anche ai magistrati di verificare il nome di tutti i soggetti che, nei giorni precedenti il crollo della borsa, abbiano effettuato rilevanti movimenti di capitale, e che quindi possono essere sospettati di speculazioni. Nell’atto l’associazione fa riferimento anche all’esposto presentato da Tronchetti Provera per il caso delle azioni Olivetti. Se un conoscitore del panorama finanziario italiano come Provera presenta un esposto circa un determinato titolo, il sospetto di operazioni poco chiare non può restare isolato a un singolo titolo, ma deve coinvolgerne anche altri. Per cui si chiede di allargare le indagini a tutti i titoli presenti in listino.
In Italia padroni delle redini sono oramai pochi grandi gruppi finanziari dietro cui si celano finti imprenditori, che, con poche manciate di miliardi, acquistano patrimoni di valore 1000 volte superiore. Questo perché chi decide di vendere si assicura un capitale da intascare senza problemi, chi compra invece, spesso acquista indebitamenti non indifferenti, che ricadono sulla moltitudine dei piccoli risparmiatori, divenuti ormai carne da macello. Alla base della grave situazione che vede protagonisti noti nomi della finanza italiana vi è, per il CODACONS, la totale assenza di una realtà industriale che possa coprire e assicurare operazioni multimiliardarie. A fronte di questi grandi movimenti societari e di capitali, infatti, non vi è il corrispettivo in termini di valore industriale e di reali progetti di sviluppo imprenditoriale, ma solo una serie di aspettative di guadagni futuri e di rendite virtuali. La cui realizzazione a volte viene meno. Basti pensare al caso UMTS. Le società che hanno speso migliaia di miliardi nell’acquisto delle licenze non hanno alcuna certezza circa il buon esito dell’operazione. La loro unica speranza è che, a partire dal 2004, milioni di italiani comprino i telefonini di nuova generazione. Ma non è detto che ciò avvenga.
Inversioni di tendenza, cambi della moda, e fattori vari potrebbero influenzare l’esito dell’operazione UMTS, determinandone il fallimento. Senza contare, poi, che il nostro paese in tema di telecomunicazioni e tecnologie della new economy, è in netto ritardo rispetto ad altre nazioni, come ad esempio il Giappone. Nuove tecnologie e strumenti innovativi lanciati dai geni nipponici potrebbero aggiungersi alla lista dei fattori anti-UMTS. Generando una catastrofe, che andrebbe a coinvolgere tutti coloro che hanno investito fondi nelle società di telecomunicazione titolari delle licenze. Per non parlare poi del grave danno all’ambiente determinato dall’alto numero di antenne collocate sul territorio che potrebbero restare inutilizzate.