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CLASS ACTION, CODACONS: ECCO COSA C’E’ DA CAMBIARE!!

Purtroppo l’emendamento ?Manzione ?Bordon?, approvato come articolo 53 bis alla finanziaria 2008, introduttivo di questa ?class action all’italiana?, pur apparendo migliorativo rispetto all’originario ddl governativo, è comunque una normativa che può costituire un rischio per i consumatori italiani.


Ed ecco perché:



``Art. 140-bis - (Azione collettiva risarcitoria). - 1. Le associazioni dei consumatori e degli utenti di cui al comma 1 dell`articolo 139 e gli altri soggetti di cui al comma 2 del presente articolo, fermo restando il diritto del singolo cittadino di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi conformemente a quanto previsto dall`articolo 24 della Costituzione, possono richiedere singolarmente o collettivamente al tribunale del luogo ove ha la residenza il convenuto, la condanna al risarcimento dei danni e la restituzione delle somme dovute direttamente ai singoli consumatori o utenti interessati, in conseguenza di atti illeciti commessi nell`ambito di rapporti giuridici relativi a contratti cosiddetti per adesione, di cui all`articolo 1342 del Codice Civile, che all`utente non è dato contrattare e modificare, di atti illeciti extracontrattuali, di pratiche commerciali illecite o di comportamenti anticoncorrenziali, messi in atto dalle società fornitrici di beni e servizi nazionali e locali, sempre che ledano i diritti di una pluralità di consumatori o di utenti.


Innanzitutto non si comprende perchè il foro competente per questa class action debba essere quello di residenza del convenuto, creando così gravi difficoltà nell’agire alle associazioni dei consumatori contro società che, pur avendo ad esempio danneggiato i cittadini di Trieste, hanno artificiosamente aperto la propria sede legale in una cittadina sperduta della bellissima Sardegna. Ma ancora piu’ grave e’ che non e’ indicato in questa normativa dove i singoli consumatori debbano poi eventualmente agire per ottenere la pronuncia a loro favorevole, in caso di fallimento della conciliazione: nel tribunale del luogo dove hanno la loro residenza, o i Triestini dell’esempio dovranno, a spese loro, trovare un avvocato che li rappresenti in Sardegna, dove e’ stata emessa la sentenza della class action?

Non esiste poi nessuna norma di raccordo tra le class action portate avanti da più associazioni: che succederà se più associazioni agiranno contemporaneamente contro lo stesso soggetto, magari per lo stesso comportamento illegittimo ma con richieste giudiziarie differenti?



2. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentite le competenti Commissioni parlamentari, sono individuate le ulteriori associazioni di consumatori, investitori e gli altri soggetti portatori di interessi collettivi legittimati ad agire ai sensi del presente articolo.


L’art. 137 del Codice del Consumo prevede requisiti ben precisi e stringenti per le associazioni dei consumatori che, attraverso l’iscrizione nell’elenco presso il Ministero delle Attivita’ produttive, acquisiscono la legittimazione ad agire a tutela degli interessi collettivi, prevista dall’art. 139 del Codice stesso.
D’altronde questa ?azione collettiva risarcitoria? è inserita con l’art. 140-bis nel Codice stesso. E’ pertanto un assurdo e un paradosso che sia possibile per ?ulteriori associazioni di consumatori?, non in possesso di tali requisiti, agire con questa class action, sulla base di un decreto del Ministero di cui non si riescono assolutamente a comprendere i presupposti e le motivazioni.



3. L`atto con cui il soggetto abilitato promuove l`azione collettiva di cui al comma 1 produce gli effetti interruttivi della prescrizione ai sensi dell`articolo 2945 del codice civile, anche con riferimento ai diritti di tutti i singoli consumatori o utenti conseguenti al medesimo fatto o violazione.

4. Con la sentenza di condanna il giudice determina i criteri in base ai quali deve essere fissata la misura dell`importo da liquidare in favore dei singoli consumatori o utenti.

5. In relazione alle controversie di cui al comma 1, davanti al giudice può altresì essere sottoscritto dalle parti un accordo transattivo nella forma della conciliazione giudiziale.

6. La definizione del giudizio rende improcedibile ogni altra azione ai sensi del presente articolo nei confronti dei medesimi soggetti e per le medesime fattispecie.


Questo articolo 6 crea la possibilità ben concreta per una entità ?complice?, ad esempio a un ?gruppo di investitori?, di agire con una “class action“ contro una società amica che ha messo in atto comportamenti gravemente lesivi dei consumatori, per poi transigere alla prima udienza. E questo può ben essere realizzato senza dare a questa class action NESSUNA PUBBLICITA’, non richiesta da tale normativa, perché magari lo ?scandalo? deve ancora raggiungere la conoscenza dei mass media. A seguito di questa transazione, NESSUNA ASSOCIAZIONE DEI CONSUMATORI POTRA’ MAI PIU’ AGIRE CONTRO L’ENTITA’ RESPONSABILE DI QUESTE VIOLAZIONI.



7. Contestualmente alla pubblicazione della sentenza di condanna di cui al comma 4 ovvero della dichiarazione di esecutività del verbale di conciliazione, il giudice, per la determinazione degli importi da liquidare ai singoli consumatori o utenti, costituisce presso lo stesso tribunale apposita Camera di Conciliazione, composta in modo paritario dai difensori dei proponenti l`azione di gruppo e del convenuto e nomina un conciliatore di provata esperienza professionale iscritto all`albo speciale per le giurisdizioni superiori che la presiede. A tale Camera di Conciliazione tutti i cittadini interessati possono ricorrere singolarmente o tramite delega alle associazioni di cui al comma 1. Essa definisce, con verbale sottoscritto dalle parti e dal presidente, i modi, i termini e l`ammontare per soddisfare i singoli consumatori o utenti nella loro potenziale pretesa. La sottoscrizione del verbale rende improcedibile l`azione dei singoli consumatori o utenti per il periodo di tempo stabilito dal verbale per l`esecuzione della prestazione dovuta.



La previsione di questa conciliazione è assolutamente inutile, in quanto non vi e’ nessun interesse per la società responsabile di una violazione, anche dopo una sentenza di condanna del proprio comportamento, di addivenire a tale accordo. Questo perchè, in caso di fallimento di questa conciliazione, l’unica parte che ne avrà uno svantaggio e’ il consumatore, che si vedrà infatti costretto ad adire due ulteriori giudizi, ciascuno composto di almeno 3 gradi, per almeno altri 15 anni di giudizio.



8. In caso di inutile esperimento della composizione di cui al comma 7, il singolo consumatore o utente può agire giudizialmente, in contraddittorio, al fine di chiedere l`accertamento, in capo a se stesso, dei requisiti individuati dalla sentenza di condanna di cui al comma 4 e la determinazione precisa dell`ammontare del risarcimento dei danni riconosciuto ai sensi della medesima sentenza.

9. La sentenza di condanna di cui al comma 4, unitamente all`accertamento della qualità di creditore ai sensi dei commi 7 e 8, costituisce ai sensi dell`articolo 634 del codice di procedura civile, titolo per la pronuncia da parte del giudice competente di ingiunzione di pagamento, richiesta dal singolo consumatore o utente, ai sensi degli articoli 633 e seguenti del medesimo codice di procedura civile.



L’art. 9 avrebbe potuto COME MINIMO considerare la sentenza di condanna, ex art. 8, che ottiene il consumatore, come TITOLO ESECUTIVO, come in qualunque giudizio italiano, e dunque immediatamente eseguibile contro la società responsabile. In questo modo si sarebbero ridotti i processi necessari ad avere giustizia ad almeno 2!
Incredibilmente tale sentenza di condanna costituisce solo ?titolo per la pronuncia da parte del giudice competente di ingiunzione di pagamento“! E dunque, effettuando una deroga probabilmente incostituzionale ai principi del diritto italiano, sarà necessario per il consumatore chiedere, dopo aver ottenuto una sentenza positiva da un tribunale, l’emissione di un decreto ingiuntivo, che verrà opposto naturalmente dalla società colpevole (già condannata due volte!), creando così un altro giudizio ordinario di altri 3 gradi o più, che il consumatore si dovrà pagare di tasca sua, ancora contro gli avvocati strapagati delle multinazionali!



10. La sentenza di condanna di cui al comma 4, ovvero l`accordo transattivo di cui al comma 5 debbono essere opportunamente pubblicizzati a cura e spese della parte convenuta, onde consentire la dovuta informazione alla maggiore quantità di consumatori e utenti interessati.

11. Nelle azioni collettive aventi ad oggetto prodotti o servizi venduti attraverso contratti conclusi secondo le modalità previste dall`articolo 1342 del codice civile, la diffusione di messaggi pubblicitari ingannevoli, accertati dall`autorità competente, rende nulli i contratti nei confronti di tutti i singoli consumatori o utenti nel periodo di diffusione del messaggio stesso. La nullità può essere fatta valere solo dal promotore dell`azione di gruppo.

12. In caso di soccombenza, anche parziale, del convenuto, lo stesso è condannato al pagamento delle spese legali. In ogni caso, il compenso dei difensori del promotore della azione collettiva non può superare l`importo massimo del 10 per cento del valore della controversia``.



Il pagamento delle spese legali da parte del soccombente è già prevista dal codice di procedura civile, e’ veramente inutile ripeterla qui come se si trattasse di un vantaggio eccezionale per chi vince un giudizio… Non si comprende invece veramente la clausola del 10%, inutilmente punitiva nei confronti dei ?difensori?, soprattutto perchè la sentenza di condanna della società colpevole, mancando il danno punitivo, non sembra comportare per la stessa nessun versamento diretto di somme, ma un futuro versamento ai singoli che eventualmente si attiveranno. Dunque i difensori avrebbero diritto ad un 10% di cosa…?

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