Nel panorama italiano, non sono mancate pronunce giurisprudenziali sulla riconducibilità dei Bitcoin al genere degli strumenti finanziari, che in quanto tali devono sottostare alla disciplina del Testo Unico della Finanza (d.lgs. n. 58/1998, come da ultima modifica del d.lgs. n. 68/2018).
Pertanto, ne deriva che gli intermediari devono rispettare le regole di condotta, il cui fine è quello di favorire i propri clienti nell’effettuare scelte di investimento informate, consapevoli e rispondenti alle loro esigenze.
Questo orientamento è stato confermato anche dalla Cassazione penale con la sentenza 10-30 novembre 2021, n. 44337 che ha richiamato la sentenza n. 26807/2020 della medesima Corte. In particolare, la Cassazione ha affermato il principio secondo cui la valuta può sempre ritenersi uno strumento finanziario virtuale (cfr. d.lgs. n. 125/2019) quando “assume la funzione, e cioè la causa concreta, di strumento d’investimento e quindi di prodotto finanziario, che in quanto tale va disciplinato con le norme in tema di intermediazione finanziaria (art. 94 ss. TUF).