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COLLABORATORI SCOLASTICI IN SUBBUGLIO








Un gruppo di collaboratori scolastici (una volta chiamati bidelli) si sono rivolti alla sede di Salerno del Codacons per denunciare una grave discriminazione contenuta nel D. M. n.75 del 19/4/01, con il quale il Ministro della Pubblica Istruzione Letizia Moratti ha previsto i criteri per l`inserimento nelle graduatorie provinciali per i collaboratori scolastici.

Tale decreto, infatti, all`art.1.4 ha previsto che potessero essere inclusi in tali graduatorie soltanto coloro che in precedenza abbiano prestato servizio in scuole statali (anche per un periodo minimo di tempo, trenta giorni), “con rapporto di impiego direttamente con lo Stato o con gli enti Locali tenuti a fornire fino al 31.12.99 tale personale“. Questa disposizione, quindi, ha eliminato ingiustificatamente da tale inserimento tutti coloro che, pur avendo prestato servizio come collaboratori scolastici, con profilo professionale del personale ATA statale, per un considerevole lasso di tempo, non erano stati assunti dallo Stato o dagli Enti Locali, bensì da cooperative che si occupavano di fornire tali servizi alla scuola, secondo le regole dell`evidenza pubblica, partecipando a regolari gare d`appalto.

Per anni il personale in servizio presso tali cooperative, ha garantito con il suo apporto lo svolgimento regolare delle lezioni scolastiche ed ora numerose persone che ne facevano parte vengono ingiustificatamente escluse dal decreto Moratti.

Il CODACONS ritiene che il provvedimento del Ministro sia del tutto sbilanciato e leda palesemente il principio di uguaglianza previsto dalla Costituzione Italiana, poiché non tiene in nessun modo conto dell’opera professionale prestata negli istituti scolastici dai collaboratori, seppur non assunti direttamente dallo Stato o dagli Enti Locali.
Per tutti questi motivi Il Codacons Salerno, rappresentato dall’Avv. Raffaella D’Angelo, ha deciso di assistere il nutrito gruppo di collaboratori scolastici presentando una diffida al Ministro Moratti con la quale si chiede formalmente di modificare il sopra citato articolo del decreto n. 75.
In caso contrario l’associazione impugnerà al Tar il decreto chiedendone la sospensione.

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