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Consumatori sul piede di guerra Crisi finanziaria e riduzione nei consumi

Roma. Il petrolio scende ancora, la benzina è ferma. E se aggiustamenti al ribasso hanno interessato il diesel, la verde è rimasta sostanzialmente stabile negli ultimi giorni. Il terremoto causato dal crac di Lehman Brothers, il rischio che il copione possa ripetersi per il colosso delle assicurazioni Aig, la difficile situazione di Goldman Sachs, uniti ai timori che la crisi finanziaria in atto si riverberi sull’economia reale e si traduca in recessione, sono il mix che sta trascinando il greggio al ribasso. Il barile è tornato ieri sotto i 90 dollari, con il Brent che ha toccato quota 89,2 dollari, il livello più basso dall’inizio del marzo scorso. Una discesa "figlia" dell’impasse finanziaria, legata al principalmente al fatto che chi ha puntato sul greggio nei mesi passati, investendo sui futures, e facendo lievitare il prezzo, oggi sta uscendo da queste posizioni. Ma vi sono anche altre ragioni: gli americani sembrano orientarsi verso una riduzione delle spese e, soprattutto, verso un comportamento maggiormente orientato verso il risparmio energetico. Per esempio, se da una parte le compagnie aeree potrebbero ridurre le proprie flotte e le società del settore manifatturiero diminuire le consegne, gli americani potrebbero evitare per quanto possibile di utilizzare l’auto per i propri spostamenti. "Il rallentamento economico è inevitabile e le persone corrono ai ripari, usando meno l’auto e riducendo gli acquisti", ha detto James Cordier, direttore della società di Tampa, in Florida, Liberty Trading Group, secondo cui "il consumo di energia è destinato a crollare" Vista nell’ottica del cittadino, il calo del barile dovrebbe portare con sé l’effetto positivo di una discesa dei prezzi dei carburanti. E un ribasso c’è stato, come hanno confermato anche i dati diffusi ieri dall’Istat sull’inflazione ad agosto. Ma il "taglio" – denunciano le associazioni dei consumatori – non è in linea con la riduzione delle quotazioni petrolifere: resta una quota di "speculazione" che ammonta a 7-8 centesimi al litro. Adoc, Adusbef, Codacons e Federconsumatori hanno confrontato i listini odierni dei carburanti con quelli di novembre e dicembre 2007 e di gennaio e febbraio 2008, periodi in cui il petrolio si attestava, come ora, sui 90 dollari. E hanno tenuto conto di "un fattore di correzione, sul prezzo industriale, dovuto al cambio dollaro-euro, con una percentuale di apprezzamento del 4,5%". Risultato: la benzina dovrebbe costare 1,38 euro al litro, contro la media attuale di 1,45 euro, il gasolio 1,31 euro, mentre è venduto a 1,39-1,40 euro al litro. L’Unione petrolifera non ci sta e parla di "accuse non basate su dati di fatto". Il reale riferimento per la definizione dei prezzi interni, avverte l’Up, sono le quotazioni dei prodotti finiti scambiati sulle piazze internazionali, che "nei periodi in cui il greggio presentava valori simili a quelli odierni, erano ben inferiori a quelle attuali anche tenendo conto dell’effetto cambio". Nel dettaglio, "a gennaio 2008 il prezzo internazionale della benzina era di 0,415 euro/litro contro gli attuali 0,531. Per il gasolio, in media a gennaio 2008 il prezzo internazionale era di 0,477 euro/litro contro gli attuali 0,579". Ma a segnalare che qualcosa non va sul mercato italiano dei carburanti non sono solo i consumatori. Il centro indipendente di ricerca economica Cerm, per esempio, parla di "anomalie" concentrate nei "prezzi industria, che mantengono margini di ricavo elevati lungo tutta la filiera e indipendenti da ciclo del petrolio". Tra il 1998 e il primo semestre 2008, sostiene un’indagine dell’istituto di ricerca, i prezzi industria italiani della benzina e del diesel sono stati stabilmente più alti della media dell’Europa dei 15, con uno scarto medio superiore all’11%.

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