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Dal sito www.verdi.it una intervista a Livio Giuliani del Comitato Elettrosmog

Mancano pochi mesi all’appuntamento referendario. Tra i quesiti, uno particolarmente importante per il diritto alla salute: quello sull’elettrodotto coattivo. In che cosa consiste?

Nel quesito referendario si propone l’abrogazione dell’articolo 1056 del codice civile, intitolato, appunto, “elettrodotto coattivo”, e dell’articolo 119 del testo unico “elettricità e acqua”.
Entrambi gli articoli stabiliscono che il proprietario del fondo non si può opporre al passaggio dell’elettrodotto. La Corte di Cassazione, poi, ha modificato il titolo del referendum da “abrogazione dell’elettrodotto coattivo” ad “abrogazione della servitù del passaggio delle linee elettriche”, ma la sostanza rimane la stessa, anche perché l’esproprio degli elettrodotti è rimandato ad altra legge.

Quello dell’inquinamento elettromagnetico è un problema che da tempo attende una soluzione.

In passato non si è riusciti a contenere l’inquinamento elettromagnetico, né ad effettuare il risanamento degli elettrodotti pericolosi che dovrebbero essere risanati, adesso, dal decreto Marzano, con una spesa che ammonta ad un miliardo cinquecento milioni di euro. Il problema, però, va risolto alla fonte, rendendo difficile la costruzione degli elettrodotti, anche da un punto di vista economico.

In che senso?

Abolendo l’elettrodotto coattivo si elimina anche il vantaggio economico che questa liberalizzazione comporta, e ci crea un equilibrio che non può che favorire le energie alternative, oggi penalizzate dal basso costo del trasporto dell’energia elettrica.
Mi spiego meglio. Il trasporto dell’energia è la condizione fondamentale per il suo sfruttamento. Noi dobbiamo prefigurare un futuro dove l’energia, anziché trasportata, venga, distribuita, ovvero prodotta in loco e consumata. Questo referendum favorisce questa svolta perché, abrogando il sussidio statale occulto all’industria del trasporto di energia, che avviene grazie al mancato costo del terreno, si creano condizioni di competitività economica tra le diverse fonti energetiche.

Questo vuol dire che nel caso dovesse vincere il Sì, come auspichiamo, cambierebbero molte cose?

Questo referendum ha un’importanza vitale e un impatto economico e industriale ancora più grande di quello sul nucleare. Se dovesse vincere il Sì, ci sarebbe uno stravolgimento delle politiche energetiche nazionali. Si dovrebbero cambiare i piani energetici, si agirebbe sul 90 per cento dell’energia prodotta nel paese, s’imboccherebbe la strada dello sviluppo sostenibile.

Perché, allora, se ne parla così poco?

A causa della dipendenza della stampa italiana dal mondo dell’industria. Non si può pensare che un dibattito come questo, che potrebbe davvero portare ad una vera svolta verso la strada dello sviluppo sostenibile, sia accolto con favore dal mondo industriale, anche perché potrebbe avere ripercussioni nel mondo della telefonia e dell’image information tecnology, settori trainanti dell’economia.

E poi c’è l’aspetto ancora più importante del diritto alla salute.

Eliminando l’elettrodotto coattivo ognuno sarebbe libero di decidere se mettere o meno a rischio la propria salute. La possibilità di discutere, e anche di trattare, su un argomento del genere viene finalmente rimessa nelle mani del destinatario del rischio. È chi subisce gli effetti dell’inquinamento elettromagnetico che può decidere se essere cauto o no, dopo un’analisi reale del rapporto costi-benefici. Questa è la vera attuazione del principio di precauzione nei confronti di un inquinante potenzialmente cancerogeno, come detto anche dall’Organizzazione mondiale della sanità.

Che previsione fai sull’esito del referendum?

Io sono ottimista. Penso che gli italiani abbiano la maturità per riflettere e capire l’importanza di questi temi. Lo dimostrano i tanti comitati che sono nati in materia di elettrosmog ed energia.

A proposito di comitati, quello per il Sì al referendum, di cui sei presidente, può contare su tante adesioni.

Abbiamo raccolto il sostegno di organizzazioni che godono di un vasto consenso popolare, a destra e a sinistra: il movimento per la non-violenza, Aldo Capitini; molti comitati contro l’elettrosmog, come il Conacem; gli ecoistituti del Veneto e dell’Emilia Romagna; Aut; L’Intesa consumatori; la Casa del consumatore; il Movimento di consumatori del Veneto e il Centro consumatori… Questo dimostra quanto il tema sia importante per tutti, indipendentemente dalle appartenenze politiche. Si tratta del diritto alla salute e di avviare un nuovo sviluppo energetico che ci faccia cambiare pagina una volta per tutte.

Uno slogan che riassuma i motivi per cui gli italiani debbano votare Sì a questo referendum?

Innanzi tutto, per contenere l’inquinamento elettromagnetico, riducendo i rischi sulla salute. Poi, per ristabilire un equilibrio economico tra l’industria elettrica e le altre industrie. Infine, per favorire le energie alternative e soprattutto quella solare che si produce in loco.

Silvia Perdichizzi
 

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