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Fiamme gialle a via della Magliana. Al setaccio le liquidazioni dei manager

  ROMA Prudenti, prudentissimi, i magistrati della procura di Roma hanno compiuto il primo atto dell’inchiesta nata dalla sentenza di "insolvenza" di Alitalia, pronunciata dal tribunale civile lo scorso 5 settembre. Ieri mattina i militari del nucleo tributario della Guardia di finanza del Lazio si sono presentati negli uffici di via della Magliana per acquisire tutta la documentazione finanziaria relativa agli ultimi dieci anni di gestione della nostra compagnia di bandiera. Hanno preso i bilanci consolidati, i contratti di fornitura delle società che riforniscono Alitalia in esclusiva, ma anche la due diligence elaborata da Citigroup prima dell’offerta avanzata la scorsa primavera da Air France, i documenti relativi all’asta che nel 2007 andò deserta e i contratti di manager e consulenti dell’azienda. In sintesi, tutto quello che possa essere utile a capire chi e come abbia portato l’azienda fino al tracollo economico.  E’ il primo passo dell’indagine senza indagati e senza ipotesi di reato, dedicata esclusivamente al passato e "senza alcuna attinenza con la trattativa in corso", avviata la scorsa settimana dal procuratore aggiunto Nello Rossi e dal sostituto Stefano Pesci , dopo la sentenza del tribunale civile e dopo la denuncia presentata dal Codacons già lo scorso 5 agosto. "E’ troppo presto per valutare il materiale acquisito", si spiega nei corridoi della procura, lasciando intendere che per ora i magistrati sembrano convinti che alla base del crollo della compagnia ci sia quello che è sotto gli occhi di tutti: anni di mala gestione, di contratti gonfiati per fornitori, amministratori, consulenti, oltre ad una lievitazione del personale impiegato non sempre giustificata. Non un unico disegno fraudolento, insomma, ma la somma di più negligenze.  Le spese più difficili da giustificare – le prime che la Guardia di finanza passerà al microscopio – erano elencate già nell’esposto presentato da Codacons. La retribuzione dell’amministratore delegato Maurizio Prato, nominato il 1 agosto 2007, quando l’azienda era già alla deriva, "che in cinque mesi avrebbe raccolto 326.414,00 euro, guadagnando 2.170 al giorno con un premio di risultato pari a 83.333,33 euro". O il contratto del suo predecessore, Giancarlo Cimoli, che "nel solo 2006 avrebbe percepito 1.536.000 euro, pari a 6.400 euro al giorno, con il bilancio di Alitalia che subiva perdite per 626.000.000 euro".  Sommando le ricapitalizzazioni degli ultimi dieci anni, spiegava la denuncia del Codacons, Alitalia è costata ai consumatori circa 5 miliardi e 187 milioni di euro, nel 2007 il bilancio calcolato sugli ultimi venti anni era in passivo, mentre le azioni del gruppo oggi hanno un valore imparagonabilmente più basso del passato: "nel 2001 un’azione Alitalia valeva 8,5 euro, oggi vale 0,4". Tutt’altro capitolo, quello dedicato all’oscillazione del titolo in borsa fino alla sospensione avvenuta lo scorso 3 giugno.  "Va osservato – diceva sempre Codacons – che prima del provvedimento di sospensione dalle contrattazioni il titolo aveva vissuto per 2 mesi nel limbo della negoziazione: in pratica, dal 9 aprile fino al 3 giugno, il titolo faceva solo prezzo teorico durante il giorno e veniva scambiato esclusivamente nell’asta di chiusura". Sulle fluttuazioni del titolo nell’ultimo anno, Roma ha da tempo un fascicolo aperto con l’ipotesi di aggiotaggio, mentre Milano lavora sull’insider trading. Ma dell’esito delle due inchieste si sa ancora pochissimo.

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