“Il diritto di accesso è escluso: quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all’amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono”.
Così recita il comma 6 dell’art. 24 legge n.15/2005, che modifica la legge 241/90 sul diritto d’accesso ai documenti amministrativi.
“Ci chiediamo, alla luce della comica vicenda della pubblicazione dei dati dei contribuenti e del successivo ritiro ordinato dal Garante, e delle disposizioni sopraelencate, chi sia il consigliere giuridico del Viceministro Vincenzo Visco – afferma il Presidente Codacons, Carlo Rienzi – Nel caso dei redditi on line, infatti, è stata confusa la pubblicità delle denunce, che nessuno mette in dubbio, con la loro accessibilità, cosa ben diversa. La vecchia legge del 1973 che giustamente stabilisce la pubblicità di tali dati, è stata poi seguita dalla legge 241/90 modificata dalla legge n. 15/2005, che ha disciplinato come si accede ai documenti pubblici detenuti dalla Pubblica Amministrazione, tra cui rientrano le denunce dei redditi”.
“La legge in questione – prosegue Rienzi – stabilisce che l’accesso è consentito previa domanda a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, e deve essere motivato. Così la Pubblica Amministrazione valuta l’interesse del richiedente e concede l’accesso a chiunque abbia tale interesse, che non può certo essere la curiosità o la voglia di vendicarsi del vicino di casa, come più volte ha stabilito il Consiglio di Stato!!”
Una marea intanto le diffide già inviate al Garante della privacy e all’ Agenzia delle Entrate; il sito del Codacons è stato letteralmente preso d’assalto dopo la pubblicazione del modello da scaricare gratuitamente per avere tra 500 e 1.000 euro di risarcimento per ciascun contribuente la cui denuncia dei redditi sia stata messa sul web.
A seguito della irrimediabile violazione della legge sulla privacy e delle leggi 241/90 e 15/2005 il Codacons ha deciso di presentare una denuncia penale contro il Viceministro Visco a 104 Procure della Repubblica, affinchè anche la magistratura apra delle indagini nell’interesse dei cittadini palesemente danneggiati dalla pubblicazione dei propri redditi sul web senza la necessaria autorizzazione dell’Autorità Garante. L’art. 167 del Codice penale prevede da 6 a 24 mesi di reclusione nei confronti di chi ha diffuso o concorso a diffondere i dati sensibili in spregio della legge 241/90. Nella denuncia l’associazione chiede anche il sequestro dei dati dei contribuenti da chiunque detenuti, e che si proceda contro chi ne fa commercio vendendo questi dati, come previsto dal secondo comma dell’art. 167 del Codice Penale che afferma: “chiunque, al fine di trarne per sè o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto … è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da uno a tre anni.”
Non solo. In base all’art. 28 della Costituzione anche i consiglieri del Viceministro Visco potranno essere citati in giudizio e, supponiamo per assurdo il caso di un ricco contribuente rapito dopo la pubblicazione della sua denuncia dei redditi, in tal caso Visco e i suoi consiglieri potrebbero addirittura essere chiamati a rispondere dell’intero riscatto pagato in relazione al danno prodotto!!!
Tutti i contribuenti i cui redditi siano stati pubblicati sul sito dell’Agenzia delle Entrate, possono scaricare gratuitamente dal sito www.codacons.it il modello per chiedere tra 500 e 1.000 euro di risarcimento per i danni subiti.
Il testo integrale della denuncia sarà pubblicato a breve nell’area riservata del sito Codacons.
Per ulteriori informazioni è possibile contattare il call center Codacons al numero 892.007 o il numero verde 800.911.911