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Gas, elettricita’ e alimentari. Mille euro in piu’ in un anno

 Non è il vecchio West ma la battaglia c’è tutta e l’oro pure: quello di Vicenza. Una battaglia a tutto campo, con i lingotti che scarseggiano, le banche che stringono, un centinaio di imprese che annaspano mentre altre 63 hanno proprio chiuso i battenti restituendo il marchio alla Camera di Commercio. E il presidente regionale e vicepresidente nazionale della categoria artigiana degli orafi, Onorio Zen, che lancia un sinistro allarme: "Signori, è durissima. E quando uno è messo male non si sa come possa reagire. Parlo di rapine, di finte rapine, per tentare il tutto per tutto ". Cioè, la crisi è nera, l’oro manca, il denaro anche, e allora cosa potrebbe fare qualche orafo VERONA – Dopo un’estate all’insegna del rialzo dei prezzi lo spettro delle famiglie è la famigerata stangata di ottobre, che si concretizza, soprattutto, con l’aumento dei servizi pubblici, tra cui luce e gas. L’incremento percentuale rispetto allo scorso anno, stabilito a livello nazionale dall’Autorità per l’energia elettrica e per il gas è rispettivamente dell’0,8 e del 5,8 per cento, ma si attuerà in maniera differente a seconda delle tariffe degli operatori locali. A Verona, che significa Agsm, il costo medio per famiglia crescerà di 61,50 euro per il gas e di poco meno di quattro euro per l’energia elettrica. A questi si aggiunge l’acqua, che in ambasce e poco specchiato? Scassina la propria cassaforte, denuncia la rapina e spera nell’assicurazione. "E’ l’ultima spiaggia di chi ha lavorato male". Il suicidio, fortunatamente, è escluso. "No, per carità. Ma quando manca la liquidità e la barra dell’oro da restituire alla banca perché ci sono da pagare i dipendenti e altro, qualcuno può dare di matto e inventarsi qualcosa che a poco a che fare con la legge. Come è già successo ". I numeri sono da paralisi: "Domanda dimezzata in due anni e nello stesso periodo il prezzo dell’oro, cioè della nostra materia prima, è raddoppiato, mentre i valori di vendita del lavorato sono inchiodati ai tempi della lira. Aggiungici la concorrenza cinese e soprattutto gli istituti di credito che chiedono la restituzione dei prestiti in lingotti e il disastro è servito". Due aziende di Bassano sono saltate, garantisce, altre tre a Vicenza. Fallite. Non riuscivano pur essendo la bolletta che pesa meno sulla famiglia media è anche quella che è cresciuta di più: 25% negli ultimi due anni per aumento globale di 35 euro rispetto al 2006. Aumenti di routine difficili da digerire in questo periodo, tra crisi finanziaria e calo dei consumi. E pensare che, con l’arrivo dell’autunno, l’inflazione sembrava dare una piccola tregua ai veronesi. A sostenerlo i dati del Comune che ad ottobre, per la prima volta dall’inizio dell’anno portavano un segno negativo: – 0,8% sul mese precedente. Ma a ben guardare nei settori più caldi gli aumenti resistono, eccome. è il caso degli alimentari, vere e proprie bestie nere dei risparmiatori. Uno 0,3% di aumento che sommandosi a quello dei mesi precedenti porta il tasso d’inflazione a livelli record: 5,8% rispetto allo scorso anno. "Nulla confronto all’inflazione a onorarre i prestiti con le banche, cioè i cosiddetti prestiti d’uso. Gli orafi hanno un rapporto particolare con gli istituti di credito, molto stretto e un po’ su misura. Non chiedono infatti denaro contante ma lingotti d’oro. A scadenza possono scegliere fra la restituzione fisica del metallo giallo e quella del controvalore in euro, naturalmente maggiorato degli interessi. In tempi normali la scadenza viene spesso prorogata. Ma in tempi di crisi del credito il termine può diventare perentorio. E se a quella data nella cassaforte della ditta non ci sono né denaro né oro, l’orafo non può che preoccuparsi. I valori in ballo sono colossali: si stimano 40 tonnellate d’oro prestati dai forzieri, cioé circa 800 milioni di euro, a oltre 800 imprese vicentine. Vicenza è con Arezzo un po’ la Fort Knox italiana, la capitale dell’oro. Quando nella reale, che è ben maggiore – assicura Stefano Fanini del Codacons di Verona – a livello globale possiamo parlare di quasi un otto per cento dall’inizio dell’anno. Secondo i nostri calcoli le famiglie si sono trovate a spendere in media 1.070 euro in più rispetto all’anno scorso ". Cifre che con la situazione economica potrebbero peggiorare ancora. "Le previsioni che possiamo fare in questo momento sono sicuramente negative – spiega Fanini La crisi bancaria avrà inevitabili conseguenze sulle tasche dei cittadini. C’è da dire però che in Italia la situazione è più sotto controllo rispetto altrove: i soldi nelle banche sono al sicuro". Una crisi che spingerà inevitabilmente la gente al risparmio. "La ricerca del prezzo più conveniente è un’arma sempre a disposizione dei consumatori, provincia berica trema una foglia nella Penisola vacilla l’albero. "Ma ora l’albero sta tremando anche qui", dice Zen. purché non si tenga sempre d’occhio la qualità, in particolare quando si tratta di alimenti. Spiacevoli conseguenze, come si è visto nel recente scandalo del latte alla melamina, sono sempre dietro l’angolo". Impegnata con i conti di fine anno anche la Coldiretti. Secondo i dati dell’associazione degli agricoltori la spesa alimentare del 2008 è aumentata di 320 euro rispetto all’anno precedente. Sotto scacco è un po’ tutto il mondo del metallo prezioso. Al di là delle banche che chiudono i rubinetti, c’è l’America che compra la metà del prodotto rispetto a un anno fa. "E anche quando compra non c’è più da fidarsi. Pagano con assegni che non sai più se puoi incassare ", aggiunge il presidente. "Economie fiorenti non ne esistono più", rilancia Marilisa Zen, che non è parente di Onorio ma è presidente provinciale del settore orafo della Confindustria. E allora succede che della situazione approfittino alcuni operatori esteri. Come la Damas di Dabai che che ha acquisito quattro-cinque aziende vicentine. "Perché in una crisi così grave, le piccole imprese tagliano quel che possono sul personale, abbiamo perso duemila addetti in due anni, ma poi o ti mangi l’oro della banca o vendi o chiudi. Chi non riesce a "E’ un dato nazionale – spiega Mauro Donda, presidente della sezione veronese – ma per la nostra città è più che attendibile. Semmai bisogna arrotondarlo verso l’alto dato che Verona è risultata più volte essere una città più cara anche rispetto ad altre zone del Nord Italia, nonostante la disponibilità di prodotti, specialmente ortofrutticoli, che il nostro territorio offre". Una contraddizione che riapre il tema della "forbice" tra i prezzi all’origine e quelli al dettaglio, che Coldiretti è tornata a denunciare di recente. Secondo gli agricoltori, infatti, il costo di frutta e verdura avrebbe subito un vero e proprio crollo, pari al 22%, nell’ultimo mese. Secondo i dati del Comune, calcolati nei negozi, questa categoria di consumo sarebbe invece aumentata dell’1,8% nello stesso periodo. "Il problema – sostiene Donda,– nasce dalla mancanza di trasparenza lungo filiera. Il rincaro medio dal produttore al consumatore, per quanto riguarda i beni di prima necessità è del 200%, anche del 300 se ci sono più di due intermediari. La soluzione sta nel libero accesso ai prezzi, in modo essi si formino in modo limpido, sotto gli occhi di tutti, sulla base di informazioni certe, e nella decurtazione dei passaggi, il cui alto numero favorisce speculazioni di ogni genere". Anche se qualche volte si finisce per risparmiare nei posti meno scontati. "Non è raro trovare i prezzi più bassi nelle piccole botteghe – conclude Donda – anche una recente indagine dell’Antitrust conferma che per determinati prodotti quest’ultime sono più convenienti. L’importante è andare a fare la spesa con il cervello: comprando frutta di stagione e privilegiando l’acquisto diretto si può risparmiare. Fortunatamente i cittadini iniziano a rendersene reggersi restituisce il marchio alla Camera di Commercio. Lo stanno facendo in diversi". Alla Camera di Commercio lo confermano: dall’inzio del 2008 sono state cancellate 63 imprese, riducendo così il numero delle assegnatarie di marchi a 868, minimo storico. E, come se non bastasse, c’è pure la Guardia di Finanza che ha puntato il mirino sui prestiti d’uso. Da una verifica fiscale a un grosso istituto di credito ha notato qualche anomalia fiscale. I corrispettivi, cioè gli interessi pagati dagli orafi, risultano esentasse. "Mentre noi pensiamo che potrebbe starci l’Iva. E’ una questione di interpretazione della norma, sia chiaro. Noi pensiamoche siccome l’oggetto del prestito viene lavorato, quel passaggio dalla banca all’impresa orafa potrebbe far parte della filiera e come tale essere sottoposto a tassazione", ha spiegato il colonnello Antonio Morelli, comandante delle Fiamme Gialle beriche. Un’idea rivoluzionaria ma in un momento di bufera come questo è stata ridimensionata a battaglia secondaria, quasi un confronto accademico. La Guardia di Finanza ha già interessato della cosa l’Agenzia delle Entrate di Venezia. E gli Uffici del Fisco hanno deciso per la clemenza: l’Iva non è dovuta. E’ l’unico sospiro di sollievo degli orafi vicentini. Per il resto sono giornate dure. Onorio Zen scuote la testa: "Può succedere di tutto". conto".

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