Perché il Codacons è tutto tranne che orientato a lasciar perdere la vicenda del latte contaminato da Itx. E quindi, dopo il no all’indennizzo arrivato dal giudice di pace, la famiglia roveretana che due anni fa sfidò il colosso svizzero non si è data per vinta. E in questi giorni ha dato mandato agli avvocati di presentare ricorso davanti al giudice ordinario. La vicenda risale all’inverno 2006, quando in tutta Italia scoppiò il caso del latte contaminato da Isopropyl thio xanthone, un colorante delle scritte ospitate in alcune confezioni di Tetrapak. A far scoppiare il caso, a suo tempo, le analisi di "Altroconsumo", associazione indipendente di consumatori, che confermarono i dubbi sui coloranti. L’attenzione dell’opinione pubblica si concentrò immediatamente sulle confezioni di latte per bambini. E quando dalle Marche rimbalzò la notizia della presenza della sostanza tossica, molte famiglie vennero assalite da una sorta di panico collettivo. Tra chi si agitò davvero, anche una quindicina di famiglie roveretane, che avevano usato il latte con i loro bambini. Ma una coppia, in particolare, decise di far qualcosa. I due genitori avevano nutrito con quel latte la figlia, che a suo tempo aveva due anni: per diciotto mesi la pargola aveva ingerito la bevanda, mezzo litro circa al giorno. Più che sufficiente perché i genitori, davanti alle notizie apparse in tv e sui giornali, si agitassero sul serio. In un primo momento cercarono di mettersi in contatto con la Nestlé, dalla quale ebbero rassicurazioni che non riuscirono comunque a rasserenare un clima familiare teso e preoccupato. Da qui la decisione di mettersi in contatto con il Codacons e con lo studio legale roveretano che porta avanti le cause per conto dell’associazione. È allora che spuntò la tesi giuridica del "patema d’animo". La bambina non sembra aver subito danni dall’ingerimento del latte, ma la preoccupazione dei genitori roveretani – sostennero gli avvocati davanti al giudice di pace – è un disagio che ha comunque creato un danno. Il cosiddetto patema d’animo, appunto. Un danno di cui sarebbe responsabile la Nestlé. Da qui la prima richiesta di indennizzo: 2500 euro, non corrisposta dal colosso svizzero. Per questo si è finiti davanti al giudice di pace: da una parte il Codacons, dall’altra la Nestlè e Tertrapak Suisse ed España (chiamata in concausa da Nestlè). A suo tempo (era il febbraio scorso) il giudice si era pronunciato contro il risarcimento, ma la sentenza lascia spazio, secondo i legali del Codacons, per ben sperare in appello. Il giudice aveva infatti riconosciuto l’esistenza del patema d’animo. Quindi il primo (e più complicato) scoglio giuridico era stato superato. Ma la corte non aveva ritenuto di dover riconoscere il danno perché difficilmente quantificabile. Ed è su questo che ora puntano gli avvocati del Codacons: davanti al giudice ordinario sono certi di poter provare la quantificazione del danno. E quindi di ottenere un risarcimento