(e.s.) «Gli americani non possono iniziare i lavori al Dal Molin perché manca il progetto definitivo». Fulvio Rebesani e Giancarlo Albera del Coordinamento dei comitati offrono un’interpretazione favorevole dell’ordinanza con la quale il Tar del Veneto ha respinto la domanda di sospensiva posta dai ricorrenti di Legambiente. «Non è vero che non ci sono rischi ambientali: è invece giusto dire che dagli atti impugnati non deriva un danno attuale solo perché il progetto non è stato definito. Di conseguenza il problema è solo rinviato e Galan ha finto di ignorare questa motivazione. Il tribunale non ha respinto il ricorso, non è entrato nel merito: ha solo respinto la sospensiva. La sentenza sull’altro ricorso, quello di Codacons è complessa, e infatti i giudici si stanno prendendo settimane per decidere».
E nel frattempo? «Nel frattempo Variati può chiedere lo stop ai lavori per violazione del Prg, non essendo ancora stato provato che il Dal Molin è opera di difesa nazionale». Si parla di tavolo della concertazione, ma il movimento non intende indietreggiare di un passo dalla sua posizione di assoluta contrarietà alla base: «Per noi non esistono compensazioni: la stessa tangenziale nord è una proposta ridicola perché invece di compensare reca un altro danno ambientale alla falda e quindi serve agli Usa. La consultazione popolare è stato un successo: chi parla di quorum mancato è sulla strada sbagliata visto che la raccolta del 5 ottobre si è svolta al di fuori della delibera comunale». Eugenio Vivian, l’ingegnere che ha più volte illustrato il rapporto costi/benefici della nuova base, ha presentato un punto di vista che va aldilà delle questioni ambientali o morali del Dal Molin: «Ai politici di casa nostra dico che stanno perdendo di vista il vero problema: la salvezza delle migliaia di piccole aziende vicentine dalla crisi delle banche. Già prima dell’allarme erano dodicimila i posti di lavoro a rischio».