La sicurezza nelle scuole, sui luoghi di lavoro, per le strade, in casa, nella vita di tutti i giorni, è l’attuazione di norme e comportamenti volti alla prevenzione dei rischi e alla tutela della salute delle persone e dell’ambiente.
Il "rischio" è una grandezza piuttosto complessa: la "valutazione dei rischi" è una stima che, a meno di dati oggettivi evidenti, risulta tutt’altro che banale e immediata.
Nel servizio scolastico essa si deve basare, in primo luogo, sul rispetto delle normative vigenti atte a tutelare la salute dei lavoratori nella scuola e dei bambini che la frequentano. Per cui, nell’immediato, tale rispetto garantisce ai responsabili un certo margine di "sicurezza" o, se non altro, gli garantisce di non essere giudicati inadempienti in caso di controlli o di possibili problemi. La prima operazione logica è, quindi, l’accertamento dell’attuazione delle norme sulla sicurezza e il rispetto dei parametri vigenti.
Tuttavia il discorso dovrebbe andare oltre. La tutela della salute pubblica e ambientale implica l’assunzione di un paradigma di responsabilità istituzionale che interpreta la questione della sicurezza come una priorità non subordinata a scelte di altro tipo. S’individua, cioè, l’operare secondo un "principio precauzionale" che porta, al di là delle varie forme di rischio "accertate" e normativamente elaborate, alla scelta di intervenire anche sui rischi "potenziali". Soprattutto là dove non esista ancora un ragionevole margine di certezza circa la non-pericolosità sulla salute umana e/o dell’ambiente di un determinato fattore o comportamento. A maggior ragione un atteggiamento precauzionale dovrebbe risultare essere addirittura ovvio qualora si stia ragionando sull’entità di impatti potenziali riconosciuti anche se non ancora sufficientemente accertati.
In questa grande categoria, che definirei degli impatti relativi a rischi "potenziali" di entità non ancora accertata, rientrano, per esempio, le valutazioni sulla sicurezza alimentare, sulla tutela della salute da fattori ambientali o ad impatto sul medio e lungo periodo e, non ultima, con enorme valore preventivo, l’educazione a comportamenti che siano in grado di salvaguardare la salute della persona e dell’ambiente.
Da un punto di vista concettuale, il "rischio" che qualcosa avvenga non è altro che una probabilità: la probabilità che si verifichi un evento d’impatto negativo. D’altra parte non può essere trascurata la "qualità" del rischio: in sostanza, non basta individuare i rischi e ordinarli in una scala di probabilità (da alta a media a bassa) per stabilire la priorità di un intervento a tutela della sicurezza. E’ necessario lavorare sulla qualità degli effetti, sull’impatto che il verificarsi dell’evento rischioso comporta. Un impianto elettrico o di riscaldamento non soggetti a manutenzione, hanno una probabilità relativamente bassa di provocare un incendio, ma un incendio è un evento ad impatto elevato; al contrario, un’aula inadeguatamente illuminata, banchi troppo bassi, zainetti troppo pesanti, possono facilmente danneggiare la vista o la postura di un bambino, ma rappresentano anche rischi ad impatto potenzialmente più limitato e, soprattutto, casualmente meno definito. Analogamente, un’alimentazione squilibrata o di scarsa qualità, là dove non venga garantito che gli alimenti rispettino determinati standard o che, in assenza di standard, siano comunque privi di caratteristiche potenzialmente dannose per la salute, implica una cultura della sicurezza che va ben oltre un freddo ragionamento normativo.
Garantire la messa a norma delle strutture e delle infrastrutture e il rispetto degli standard di qualità fissati per legge, quindi, dovrebbe essere solo il primo passo verso l’attuazione di una "politica" di sicurezza basata sul principio precauzionale e sul primato della salute dei singoli e del contesto in cui vivono. Ma, a voler proprio andare oltre, solo una "cultura" della sicurezza è in grado di portare ad un radicamento di quei comportamenti che garantiscono alle persone gli strumenti adeguati per tutelare dai rischi se stesse e gli altri.
Quest’ultimo compito non può che riguardare le due istituzioni educative per eccellenza che sono la Scuola e la Famiglia. Formare gli individui al rispetto per la propria salute e per quella degli altri, persone capaci di indirizzare le proprie scelte e i propri comportamenti nella direzione della tutela di un ambiente da tutti condiviso, è un’occasione di civiltà e di sviluppo sostenibile che non dovremmo lasciarci sfuggire.
Identificazione del datore di lavoro, dirigenti e preposti nella scuola
il D. Lgs. 626/94, come anche il 547/55 ed il 303/56, prevede degli obblighi (con relative sanzioni) chiaramente distinti per ben sei figure:
- il datore di lavoro;
- i dirigenti;
- i preposti;
- i progettisti-fabbricanti-installatori;
- il medico competente;
- il lavoratore.
In una norma, per identificare con certezza sia gli obblighi e sia i soggetti che agli stessi vi devono adempiere, è sufficiente consultare gli articoli della stessa che prevedono le sanzioni in caso di inadempimento per avere un’idea ben precisa.
Pertanto, nel caso del D. Lgs. 626/94 e successive modifiche, integrazioni e normative ad esso collegate (es. DPR 547/55, 303/56, D.I. 10/3/98, ecc.), oltre agli obblighi chiaramente indicati nell’art. 4, gli articoli da prendere in considerazione e dai quali si possono desumere chiaramente e specificatamente tutti gli altri specifici obblighi, sono rispettivamente:
- l’art. 89 – 1° comma per il solo datore di lavoro e commi 2° e 3° per il datore di lavoro ed il dirigente;
- l’art. 90 per i preposti;
- l’art. 91 per progettisti-fabbricanti-installatori;
- l’art. 92 per il medico competente;
- l’art. 93 per i lavoratori.
A colpo d’occhio si nota subito un particolare che, a prima vista, sembrerebbe incongruente; ovvero che per il Responsabile del servizio di prevenzione e protezione, importantissima figura comunemente conosciuta come responsabile della sicurezza, non è prevista alcuna sanzione. Per questa figura non è prevista sanzione in quanto lo stesso, essendo organo tecnico di consultazione del datore di lavoro, verifica l’operato delle precitate 6 figure le quali, come si è detto, sono gravate da specifici obblighi e che devono materialmente garantire per legge sia l’igiene e sia la sicurezza.
Pertanto, spulciando articolo per articolo, comma per comma le previste sanzioni, si possono desumere gli obblighi violati che sono facilmente riconducibili ai singoli soggetti.
Quindi, se la norma distingue le sanzioni previste per le varie violazioni per gradi e per settori, significa che i soggetti obbligati sono diversi ed hanno singolarmente precisi obblighi, e non come si crede comunemente che le uniche figure responsabili sono esclusivamente il datore di lavoro ed il responsabile della sicurezza.
La giurisprudenza da molto tempo ha ben definito le figure di datore di lavoro, dirigente e preposto.
Il datore di lavoro della P.A. attualmente é stato chiaramente indicato in quanto il D.Lgs. 242/96 ha obbligato ogni amministrazione ad emettere apposito decreto di identificazione dello stesso. Per la scuola è il dirigente scolastico.
La figura di dirigente del 626, 547, 303, ecc. è menzionata nell’art. 2095 del codice civile e rientra tra le categorie dei prestatori di lavoro. Nella P.A., il nuovo testo del D.Lgs. nr. 29/93, prevede una separazione tra i compiti di direzione politica e quelli di direzione amministrativa affidata ai dirigenti.
Inoltre l’art. 2 introduce il carattere privatistico (Codice Civile) del rapporto di lavoro nel pubblico impiego, ivi inclusi i dirigenti, ad eccezione di alcune categorie tipo le FF.AA, le FF.PP., Magistratura, ecc..
Per poter identificare la figura di dirigente vi sono i seguenti criteri:
- può essere visto come l’alter ego dell’imprenditore e/o direzione politica;
- Autonomia (ma non indipendenza) decisionale;
- ampio margine di discrezionalità;
- esercizio delle sue funzioni svincolato da istruzioni
- possibilità di influenzare la vita dell’azienda e/o dell’ufficio.
Anche la Cassazione, in varie occasioni, si è espressa in merito. Le più significative sono:
- (Cass. pen., sez. IV, 1/7/93) i dirigenti sono coloro che sono preposti alla direzione tecnico-amministrativa dell’azienda o di un reparto di essa con la diretta responsabilità dell’andamento dei servizi, e che partecipano solo eccezionalmente al lavoro normale, avendo il compito di predisporre anche tutte le misure di sicurezza, controllare le modalità del processo di lavorazione, e vigilare, secondo le loro attribuzioni e competenze, sulla regolarità dell’antinfortunistica delle lavorazioni.
- (cass. pen., sez. IV, 20/1/98 e 19/2/98) Chiunque, in qualsiasi modo, abbia assunto posizione di preminenza rispetto ad altri lavoratori così da poter loro impartire ordini, istruzioni o direttive sul lavoro da eseguire, deve considerarsi automaticamente tenuto, ai sensi dell’ art. 4 del DPR 547/55, DPR 303/56 e D. Lgs. 626/94, ad attuare le prescritte misure di sicurezza e a disporre e da esigere che esse siano rispettate, a nulla rilevando che vi siano altri soggetti contemporaneamente gravati dallo stesso obbligo per un diverso e autonomo titolo.
Invece, il Preposto è colui che:
- sovrintende a determinate attività svolgendo funzioni di controllo e sorveglianza;
- gestisce le risorse umane ed i mezzi affidati;
- assicura per se e per i subordinati l’osservanza delle direttive aziendali (circolari) e/o del dirigente (ordine del giorno);
- controlla che l’attività lavorativa venga svolta in conformità delle norme di sicurezza e delle regole di prudenza e di igiene ed in particolare accerta che vengano usati in modo corretto e costante i DPI e quelli esistenti su macchine, attrezzature e laboratori
- ha l’obbligo di riferire al dirigente le eventuali anomalie ed omissioni.
- il lavoratore che opera da solo……. è preposto a se stesso (autotutela).
- (cassazione pen. sent. 760/91 – preposto – chiunque si trovi in posizione tale da dover dirigere e sorvegliare l’attività lavorativa di altri operai ai suoi ordini.
- (cass. Pen. sent. 6028/91 – egli non si sostituisce, di regola, alle mansioni direttive dell’imprenditore o del dirigente e tanto meno assume da solo l’obbligo di attuare le misure antinfortunistiche.
Quindi, in base alla affermata giurisprudenza ed agli obblighi derivanti dalla lettura delle sanzioni le quali corrispondono alle previste prescrizioni , nella scuola avremo che:
- Il D.S. è il datore di lavoro;
- Il direttore amministrativo, i responsabili e/o referenti di plesso e/o di edificio scolastico distaccato, ecc., sono i dirigenti della 626;
- Gli insegnanti (perché hanno i classe i bambini/alunni), i segretari (perché impartiscono ordini agli applicati di segreteria), i responsabili di laboratorio (perché hanno i bambini/alunni), ecc. sono i preposti della 626.
Il D.S. quale datore di lavoro, anche in riferimento ai contenuti di cui all’art. 2087 del C.C. (tutela delle condizioni di lavoro) ed all’autonomia scolastica, considerato anche il fatto che non può essere presente in ogni luogo ed in ogni tempo, per poter svolgere correttamente e concretamente le sue funzioni, ha la necessità di dover ben impostare la propria struttura lavorativa mettendo in luce gli aspetti organizzativi e gestionali in modo tale che risultino chiaramente identificati i compiti, le funzioni e le responsabilità di ogni singolo prestatore di lavoro subordinato così come identificati dagli articoli 2094 e 2095 del codice civile.
In conclusione, non vi può essere corretta gestione dell’igiene e sicurezza nelle scuole se non vengono chiaramente identificati in apposito "ordine di servizio" i compiti, le funzioni e le responsabilità di tutti i prestatori di lavoro subordinato.
In questo contesto si collocano gli obblighi di cui all’art. 7 del D. Lgs. 626/94, anche in capo al datore di lavoro della scuola i quali, allo scopo di scongiurare eventuali pericoli derivanti dalla incompatibilità lavorativa delle due realtà (lavori pericolosi con la presenza di alunni nell’edificio scolastico, ecc.), prevedono una serie di verifiche da effettuare sull’attività in appalto espletata da ditte esterne presso la propria struttura lavorativa con scambio di informazioni fra i due (o più) datori di lavoro. A nulla rileva il fatto che i lavori che si eseguono presso le scuole sono di norma commissionati dal Comune o dalla Provincia quali proprietari degli edifici scolastici in quanto, questi ultimi, non conoscono in modo specifico l’attività e le esigenze scolastiche ed gli eventuali pericoli ai quali possono essere sottoposti sia i lavoratori che gli alunni. Ne deriva che gli obblighi di cui all’art. 7 del D. Lgs. 626, per questioni di competenza e praticità, dovrebbero essere in capo alla direzione della scuola con la partecipazione di tutte le componenti lavorative.
Mimmo Didonna – Codacons Area tematica "Scuola Sicura".
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