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Il Consiglio di Stato accoglie la richiesta del Codacons sulla trasparenza delle selezioni

La sesta sezione del Consiglio di Stato (Presidente Claudio Varrone, Relatore Luciano Barra Caracciolo) ha accolto il ricorso del Codacons sulla selezione dei concorrenti nella trasmissione Rai “Affari tuoi“ ed ora – tutti gli aspiranti concorrenti esclusi dal gioco che avevano fatto domanda di partecipazione possono chiedere i danni. È quanto sostiene il Codacons che, in una nota, dà notizia della decisione: il Consiglio di Stato “ha stabilito come la scelta dei concorrenti che partecipano al gioco dei pacchi non sia totalmente trasparente, dovendo avvenire sulla base di criteri comunicati prima e uguali per tutti“. Secondo quanto riferisce il Codacons, nella sentenza si legge fra l`altro: “… La scelta preventiva dei giocatori che intervengono proprio in tale veste nella trasmissione, divenendo spettatori solo in base a una ulteriore selezione, facente parte del gioco stesso, che li rende tali “a posteriori“, non può quindi avvenire in base a criteri non preventivamente resi noti al pubblico e non coerenti sostanzialmente con la parità di accesso e l`imparzialità dell`organizzazione del gioco, quanto meno rispetto agli spettatori presenti, assunti globalmente soltanto in quanto tali.Il meccanismo in concreto adottato per la trasmissione in discorso, infatti, può vanificare l`effettiva salvaguardia della non arbitrarietà e mancata trasparenza nella scelta dei potenziali beneficiari dei premi che la norma appresta, potendo condurre ad una distorsione nella causalità ed imparzialità nell`assegnazione dei premi“. La decisione del Consiglio di Stato, comporta – sottolinea il Codacons – che la trasmissione “Affari tuoi“ rientri nel capo di applicazione del DPR n. 430/2001 sui giochi a premio e che il gioco dei pacchi doveva essere controllato dal ministero competente. Sul punto, invece, del condizionamento umano ai concorrenti derivato dalla presenza e dalle telefonate del cosiddetto “infame“ – prosegue il Codacons – il Consiglio di Stato ha ritenuto in sentenza che: “non si riscontra la lamentata violazione della pubblica fede nonché della parità di trattamento e di opportunità tra i partecipanti al gioco

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