IL POLESINE è pronto a salire sulle barricate. Contro la proposta lanciata ieri dal ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, che ha annunciato che a breve riprenderà l’attività di estrazione di gas e petrolio nell’Adriatico. «Confermo la nostra ferma opposizione alla ripresa delle attività estrattive – dice il presidente della Provincia di Rovigo Federico Saccardin, scandendo le parole come se si trattasse di un ultimatum – non ci sono motivi perché le comunità del Polesine possano avere opinioni diverse da quelle espresse con chiarezza in un documento che il Governo dovrebbe avere ben presente». Lo scorso 30 luglio i nove comuni del Delta del Po, si erano formalmente opposti alla ripresa delle estrazioni di gas metano davanti alla costa Polesana e della laguna veneziana. Sotto l’egida della Provincia, i comuni di Adria, Loreo, Rosolina, Porto Viro, Taglio di Po, Papozze, Corbola, Ariano nel Polesine e Porto Tolle avevano firmato all’unanimità un documento nel quale ribadivano la contrarietà al ripristino delle estrazioni. A quella riunione aveva partecipato l’assessore regionale Renzo Marangon e il consigliere Carlo Alberto Azzi, in rappresentanza della Regione Veneto. E contro le estrazioni si erano pronunciati l’assessore regionale Isi Coppola e i due parlamentari polesani, Munerato (Lega) e Bellotti (An). Contrario a tale eventualità si era detto il presidente della Regione Veneto Galan. Ieri è arrivata la dichiarazione del ministro ad aprire nuovi scenari. «L’estrazione nell’Adriatico – ha affermato Scajola – potrebbe riprendere a breve. Occorre ricordare che sotto il territorio italiano ci sono riserve che sono calcolate pari a 100 miliardi di euro». Un annuncio che ha subito innestato una valanga di dichiarazioni: pro e contro il progetto. Il primo a mettere i paletti è stato il vicepresidente della Giunta regionale Franco Manzato: «Ricordo che già due mesi fa alla Camera – ha detto – è stato approvato un emendamento proposto dalla Lega per il quale prima di ogni iniziativa atta ad estrarre gas naturale ci debba essere l’assenso della Regione». Il consigliere regionale dei Verdi Gianfranco Bettin interviene ”bocciando” sia il rilancio dell’opzione nucleare, sia l’eventualità della riapertura delle estrazioni di gas in Alto Adriatico. «Due scelte – spiega – dannose e rischiose per l’ambiente e la sicurezza dei cittadini». L’avvocato Luigi Migliorini che nel processo contro Eni e Agip assiste Provincia di Rovigo ed Ente Parco delta Po si dice stupito delle parole del ministro. «Spero che le parole di Scajola siano state male interpretate. A meno che lo stesso non conosca il nuovo dispositivo di legge che non prevede con un atto del ministro l’attivazione dei giacimenti di idrocarburi nell’alto Adriatico. La riattivazione ‘ prosegue l’avvocato ‘ è prevista solo attraverso un accertamento tecnico da parte del consiglio dei ministri della non sussistenza di apprezzabili rischi di subsidenza. E questo accertamenrto ancora non è stato avviato». Ad approvare il progetto del ministro Scajola, arriva invece il Codacons. «Bene questa decisione – ha affermato il presidente dell’associazione, Carlo Rienzi – se serve ad aumentare le fonti di approvvigionamento di energia e soprattutto il gas». Ma, come è naturale, per Rienzi il ministro deve «far sì che ci sia il massimo rigore negli accertamenti delle valutazioni di impatto ambientale». L’ inquilino principale di Palazzo Celio tuona anche contro il Codacons: «Evidentemente l’associazione non ha soci in questa parte del paese – dice Saccardin – né i suoi rappresentanti si rendono conto che gran parte del Polesine è sotto il livello del mare e che le estrazioni si sono già dimostate pericolose. Il nostro documento contro le trivellazioni è già arrivati sui tavoli del Presidente della Repubblica, del presidente del Consiglio, del ministro competente, dei presidenti di Camera e Senato. Noi ci opponiamo a questa scelta. Il Governo si occupi piuttosto di risovere i problemi internazionali sull’approvvigionamento».