La frenata dell’inflazione dovrebbe proseguire nei prossimi mesi, secondo le attese degli operatori economici interpellati dall’Isae, secondo il quale, su base destagionalizzata a novembre la dinamica dei prezzi è ancora più fredda. A commento dei dati preliminari Istat, l’Istituto di ricerca sottolinea come «la tendenza al rallentamento è risultata molto più netta nei dati depurati dalla componente stagionale». In base alla stima dell’Isae, «l’indicatore destagionalizzato ha messo in evidenza la quarta decelerazione consecutiva: tra settembre e novembre la variazione è risultata negativa per quasi l’1% in termini annualizzati (era circa +4% a inizio anno e poco meno ancora a luglio)». Nei prossimi mesi, quindi, per l’Isae, «sia i consumatori, sia le imprese produttrici di beni di consumo si attendono una dinamica dei prezzi in rallentamento». Più pessimistica invece la prospettiva di Federconsumatori, Adusbef e Codacons, che si dicono preoccupati per il dato sull’inflazione a novembre perché a determinarlo è il crollo dei consumi e del potere di acquisto delle famiglie. E per la fine dell’anno si annuncia una stangata che potrebbe costare tra i 1.700 e i 1.800 euro a famiglia. Concorde la Confesercenti: il calo dell’inflazione «non dipende da una discesa solo virtuosa, ma è un crollo determinato in particolare da una domanda interna sempre più depressa», con le imprese che sono ferme e la gente che non compra. «Influisce», spiega il presidente Marco Venturi, «anche il forte abbassamento del petrolio che si diffonde a macchia d’olio, ma l’attenzione di tutti deve essere puntata sul fattore sfiducia che condiziona il difficile momento economico e sociale». La Confesercenti ribadisce, quindi, la necessità di una «forte iniezione di fiducia». Mentre l’ufficio studi della Confcommercio sottolinea come il forte rallentamento dell’inflazione sia «in linea col resto dell’Europa» e «con la riduzione dei prezzi all’origine». Ed è frutto del «ridimensionamento dei prezzi delle materie prime energetiche e l’attenuarsi delle tensioni sui prezzi di molti beni di largo e generale consumo e di alcuni servizi quali ristoranti e alberghi».