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La crociata dei divieti rischia di fumarsi pure i miti del cinema

A proposito di pubblicità occulta e messaggi subliminali contenuti nei film e non solo. Il binomio cinema e tabacco è un classico dell’età aurea di Hollywood e tutti i grandi attori del passato sono stati testimonial di questo "vizio" oggi all’indice. Una volta la sigaretta apparteneva all’antropologia, al catalogo degli usi e costumi. Marlene Dietrich non si separava mai dal suo bocchino, era impossibile concepire Humphrey Bogart senza la nuvola di fumo. E non solo per esigenza di copione, la sigaretta era una sorta di divisa. Ricordiamo film in cui anche Babbo Natale fumava. La notizia è di questi giorni: sembra infatti che l’industria delle "bionde" abbia versato fior di quattrini ai divi degli anni ’30, ’40 e ’50 del Novecento, per promuovere le sigarette nei loro film. Per avere un’idea, una sola ditta avrebbe versato oltre 3 milioni di dollari in un anno (1937) alle stelle dell’epoca, spiegano i ricercatori dell’Università della California di San Francisco, autori di uno studio pubblicato online su "Tobacco Control". Al centro degli accordi segreti pellicole che ormai sono diventati classici del cinema, sotto accusa perché – secondo i ricercatori – attraverso immagini celeberrime, promuovono il fumo ancora oggi. Nulla da obbiettare, la forza persuasiva e mimetica dei divi può essere perniciosa. E allora, qual è la soluzione? Mandiamo al macero "Casablanca" e vietiamo ai minori "Per un pugno di dollari", in cui Clint Eastwood mastica sempre il sigaro? La storia del cinema verrebbe mutilata. Forse è meglio imparare a storicizzare altrimenti tra un po’ si vieterà di leggere anche i poeti maledetti francesi in nome della campagna contro l’assenzio. Proprio come i film che contengono atti di sesso e violenza, negli Stati Uniti sono vietati ai minori le pellicole con scene in cui si fuma. In effetti le sigarette e le pipe sono sparite, in compenso altri marchi (di liquori, per esempio) circolano clandestinamente. La tolleranza zero – espressione oggi di culto – colpisce però soprattutto il fumo. Solo qualche anno il Codacons presentò un esposto alla Procura e all’Antitrust contro il film di Cristina Comencini, "La bestia nel cuore" perché erano "troppe le sigarette fumate dagli attori". Qualche sera fa su Raiuno ho visto Antonello Falqui fumarsi un pacchetto mentre si faceva intervistare da Vincenzo Mollica. L’ora era tarda, è passato inosservato. D’accordo, il fumo fa male alla salute – c’è qualcuno che sostiene il contrario? – ma non è che il monossido di carbonio sia balsamico. Perché non applichiamo anche qui la tolleranza zero? Tutte le automobili, almeno nei centri abitati, mostrino sul cofano il riquadro nero con la dicitura uguale a quella dei pacchetti delle sigarette.

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