La famiglia: il fondamento della nostra società
Si riconosce, generalmente, che la famiglia soddisfa i bisogni fondamentali dell’individuo: il completamento della sue personalità con la scelta di un “compagno” con cui affrontare le difficoltà dell’esistenza; la procreazione e l’educazione della prole.
Non esiste un modello tipico di famiglia: in molte epoche e in numerosi sistemi culturali e sociali la vita familiare è rimasta sotto l’impero della religione.
Ma com’è cambiato il concetto di famiglia nel corso degli anni?! Da sempre fondamento della società, fulcro e perno attorno al quale ruota l’intera sistema sociale italiano (e non solo), la famiglia rappresenta il fondamento dell’esistenza stessa, seppur in tutte le connotazioni che tale concetto ha subito nel corso dei secoli.
Difatti, nella società di un tempo, prevalentemente agricola, la famiglia tendeva ad organizzarsi come unità produttiva. La famiglia aveva scarsa mobilità (famiglia patriarcale), accentramento gerarchico (poteri del pater familias sulla moglie e sui figli), rigida distribuzione di ruoli (soprattutto tra marito e moglie).
Con il processo di industrializzazione e lo spostamento dei luoghi di lavoro all’esterno delle famiglie, si è avviato il processo di disgregazione della famiglia antica, sia sul piano della composizione numerica (famiglia nucleare, composta dai soli genitori e figli), sia sul piano della concentrazione dei poteri del capofamiglia, sia sul piano della riduzione delle funzioni svolte all’interno della famiglia (si pensi all’assistenza e all’istruzione, affidate oggi quasi totalmente ad istituzioni pubbliche).
Esemplare, in proposito, è stata l’evoluzione della posizione della donna: da soggetto incapace di agire senza l’autorizzazione maritale, tenuta ad accompagnare il marito “dovunque egli crede opportuno di fissare la sua residenza” (come ancora recitava il testo dell’art. 144 cod. civ.) e a prestargli obbedienza, in cambio del diritto al mantenimento, a “soggetto con pari dignità sociale” (art. 3 Cost.) rispetto al marito, dovendo il matrimonio essere “ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi” (art. 29 Cost.).
Le trasformazioni sociali si sono spinte ancor di più, soprattutto tra gli anni ’50 e ’60: come dimenticare le migliaia di donne scese in strada per proclamare a gran voce i propri diritti?!?
Il cambiamento sociale si è riverberato anche a livello giuridico: la legge n. 898 del 1.12.1979 introduce, anche in Italia, seppur in ritardo rispetto agli altri Paesi europei, il divorzio, facendo perdere al matrimonio il, carattere dell’indissolubità.
Cinque anni dopo, all’esito di un intenso dibattito, veniva approvata la legge n. 151 del 19.05.1975, con la quale il diritto di famiglia subiva una profonda riforma. In particolare, la riforma ha disposto: l’innalzamento dell’eta per contrarre matrimonio (18 anni, tranne il caso del minore ultrasedicenne emancipato); profonde modifiche alle cause di invalidità delle nozze; l’integrale parificazione dei coniugi nel governo della famiglia e nella potestà sui figli; l’abolizione della separazione personale dei coniugi “per colpa”; l’introduzione, quale regime patrimoniale legale tra i coniugi della comunione legale degli acquisti; il divieto di costituzione dei beni in dote; l’attribuzione dell’azione di disconoscimento di paternità pure alla madre e al figlio; la riconoscibilità dei figli naturali procreati in costanza di matrimonio (c.d. “figli adulterini”); l’ammissibilità di un’illimitata ricerca giudiziale della paternità naturale; la sostanziale equiparazione della posizione dei figli naturali e dei figli legittimi; il miglioramento dei diritti successori del coniuge superstite e dei figli naturali.
La riforma non ha, ovviamente, dettato parole definitive.
La famiglia, dal punto di vista giuridico, è destinata a modificarsi sempre di più, in virtù dell’evoluzione del costume e del sentimento sociale e delle nuove esigenze poste da una società in continuo cambiamento.
Si ricordano gli interventi normativi successivi: nel 1987 è stata modificata la legge sul divorzio; la disciplina dell’adozione è stata più volte modificata; sono state introdotte norme volte ad accrescere la tutela dei soggetti deboli, per esempio quelle contro la sottrazione internazionale di minori; contro la violenza all’interno della famiglia, sulla procreazione medicalmente assistita e sull’affidamento condiviso dei figli di coppie separate: tali ultimi interventi normativi applicabili anche alle coppie conviventi non coniugate.
In particolare, accanto alla famiglia “legittima”, ovvero quella “fondata sul matrimonio” ed i cui figli si dicono legittimi, è nato il concetto di famiglia di fatto: la famiglia costituita da persone che pur non essendo legate tra loro dal vincolo matrimoniale, convivono more uxorio, insieme agli eventuali figli nati dalla loro unione. Anche la famiglia di fatto si è vista, progressivamente, riconoscere molti diritti, seppur si ritiene che la tutela debba essere ancor più aumentata. Per esempio al convivente more uxorio si riconosce il diritto di subentrare nel contratto di locazione intestato all’altro convivente, in caso di morte di ques’ultimo; il diritto alla tutela possessoria della casa nella quale si svolge la convivenza; il diritto al risarcimento del danno, in caso di uccisione del convivente; è stato consentito alle coppie conviventi usufruire delle tecniche di procreazione medicalmente assistita; il convivente dell’imputato in un processo penale ha il diritto di non testimoniare; il convivente è legittimato a proporre istanza per la nomina di un amministratore di sostegno per il partner convivente infermo; il convivente ha diritto alla tutela contro le violenze familiari.
Tuttavia, come spesso accade, l’Italia è ancora in netto ritardo rispetto agli altri paesi europei nel riconoscere pieni diritti alle coppie di conviventi: si auspica una disciplina patrizia, volta a regolare gli apporti dei singoli conviventi alle esigenze della vita comune ed eventualmente quelli successivi alla cessazione della convivenza.