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La tragedia di Rivoli riapre il problema della sicurezza

Per paradosso non ci sono solo i cantieri di lavoro, ma anche gli edifici scolastici a diventare luoghi di morte bianca per chi vi soggiorna.  La situazione di Rivoli non va ingigantita e generalizzata, ma non è un mistero, come hanno rivelato ieri anche Legambiente e Codacons, che una scuola su due in Italia è a rischio e senza l’agibilità. Questa è la fotografia di un Paese che è drammaticamente in difficoltà. È un Paese le cui strutture andrebbero cambiate, rifatte. Servirebbe una modernizzazione anche negli edifici, perché non è un mistero che ci siano scuole con crepe nei muri, pavimenti distrutti, intonaci rovinati. Il dramma è che non ci sono i soldi. Il governo ha sforbiciato ulteriormente i fondi per l’edilizia scolastica, oltre ad avere già messo in difficoltà i comuni con il taglio dell’Ici e di conseguenza dando una mazzata anche sulle scuole di competenza comunale. In più va aggiunto il dramma della crisi economica. Nei giorni scorsi Guglielmo Epifani ha parlato di «valanga» che deve ancora abbattersi. Ma i primi effetti già li vediamo. Il segretario della Fiom torinese, Giorgio Airaudo, ha denunciato nei giorni scorsi che nella sola area torinese, dall’estate ad oggi, le aziende metalmeccaniche che hanno fatto la richiesta di cassa integrazione sono passate da una novantina a oltre quattrocento. E i provvedimenti finora annunciati dal governo sembrano poca cosa di fronte al disastro. Sono provvedimenti spot, come il bonus fiscale per le famiglie meno abbienti, o la detassazione degli straordinari. La verità è che i soldi non ci sono più. I tagli alla scuola pubblica sono inevitabili in un quadro di finanza pubblica che deve affrontare la crisi più grave degli ultimi decenni. E stando così le cose la tragedia di Torino è la fotografia di un Paese che è dentro fino al collo in questa crisi.

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