Sono 89 le partite di carne suina importate in Italia dall’Irlanda a partire da settembre, data dalla quale, secondo la Ue, è cominciato il rischio contaminazione da diossina. Lo ha annunciato il sottosegretario alla salute, Francesca Martini, che ha aggiunto che 42 di queste partite sono state già rintracciate e sequestrate. «Contiamo in brevissimo tempo di trovarle e sequestrarle tutte», ha riferito, precisando che «delle 42 partite di carne sequestrate, 23 sono state trovate in Lombardia, una in Calabria, una nella provincia autonoma di Trento, otto in Emilia Romagna, sei in Veneto, una rispettivamente in Lazio, Puglia e Basilicata. Tutte presso i grossisti, prima del commercio al dettaglio». Infatti, ha spiegato la Martini, «i Nas hanno proseguito i controlli sui supermercati, effettuandone 120 e non reperendo tramite la documentazione degli esercizi stessi carne suina di origine irlandese». Nel frattempo «stiamo intensificando i controlli alle frontiere sulle carni bovine irlandesi, sebbene non ci siano ancora disposizioni in questo senso dall’Unione europea». Il sequestro, ha spiegato il sottosegretario, è a scopo cautelativo: «L’importante è bloccarle ed evitare che finiscano sulle tavole degli italiani. Poi valuteremo se e come effettuare le analisi». In ogni caso, nessun rischio per cotechino e zampone natalizio: «Questi prodotti», ha rassicurato la Martini, «vengono lavorati diversi mesi prima della commercializzazione, e quelli sul mercato provengono da carni lavorate prima dell’1 settembre». Sulla stessa linea l’intervento del ministro al welfare, Maurizio Sacconi, a margine di un incontro a Venezia: «La situazione è assolutamente sotto controllo, è stato tempestivo l’intervento dei Nas da noi sollecitato. Il sottosegretario alla salute Martini sta seguendo la situazione, non si deve creare un ingiusto allarme. è stato possibile identificare immediatamente i prodotti che possono in qualche modo essere sospetti, quindi assoluta tranquillità. Per fortuna», ha concluso, «noi abbiamo una rete di veterinari come nessun’altro paese europeo ha». Di segno opposto l’appello del Codacons: «Non comprate per le prossime festività cotechino e zampone». «Il governo deve muoversi, non c’è più tempo da perdere, e deve emettere un decreto urgente che imponga subito l’etichetta di origine sulle carni suine commercializzate in Italia», ha detto il presidente, Carlo Rienzi. «In attesa che ciò avvenga, e per tutelare la salute dei cittadini, invitiamo i consumatori a non acquistare nei prossimi giorni di festa cotechini e zamponi in vendita nel nostro paese, e a sostituire tali prodotti con altre carni». Ferma la replica del sottosegretario Martini: «Non condivido questo appello. Questi allarmismi fanno male all’economia italiana». Dello stesso avviso la Cia, Confederazione nazionale agricoltori («No ad allarmismi ingiustificati che possono provocare dannose psicosi; carne bovina, prosciutti, salumi, zamponi e cotechini venduti in Italia sono sicuri») e Confagricoltura. Rassicurazione confermata dai veterinari: «Da quello che ci risulta, il problema diossina non esiste». In ogni caso non ci sono rischi per la salute dei consumatori, se il consumo è limitato a piccole quantità di prodotti in un periodo breve, di poche settimane, secondo quanto chiarito da Angelica Tritscher, esperta del dipartimento di sicurezza alimentare, zoonosi e malattie alimentari, dell’Oms di Ginevra. Intanto è arrivata conferma dall’Irlanda: l’allarme diossina riguarda ora anche la carne bovina. Lo stesso mangime contaminato utilizzato in almeno dieci allevamenti di maiali (all’origine della contaminazione ci sarebbe un singolo fornitore di mangime) è stato infatti consegnato anche ad allevamenti bovini, sebbene i livelli di contaminazione riscontrati dai veterinari siano sufficientemente bassi da non aver provocato, contrariamente a quanto accaduto per la carne suina, alcun richiamo dei prodotti. Il ministro dell’agricoltura irlandese Brendan Smith ha reso noto che i test effettuati dai veterinari hanno dato risultato positivo in tre allevamenti sugli 11 controllati finora, mentre per altri 34 non sono ancora disponibili i risultati; il livello di diossina sarebbe dalle due alle tre volte superiore al limite massimo, contro quelli da 80 a 200 volte superiori riscontrati nelle carni suine. E un’altra conferma è arrivata da Nina Papadoulaki, portavoce della Commissione europea per la sanità: «La contaminazione è legata a una società del riciclaggio dei rifiuti prodotti da forno», tuttavia «il modo in cui si è verificata la contaminazione resta ancora da chiarire». Mentre è atteso per oggi il parere richiesto da Bruxelles all’Efsa, l’agenzia europea per la sicurezza alimentare, sui rischi per la salute pubblica della carne irlandese contaminata con Pcb e diossina, sempre in tema di scandali alimentari, è stato diffuso ieri l’esito di un sondaggio commissionato dalla Fondazione diritti genetici, all’Istituto nazionale di ricerche Demopolis, secondo cui oltre nove italiani su dieci si dicono interessati ai temi della qualità del cibo e del rapporto tra alimentazione e salute. In particolare il 62% degli intervistati afferma di scegliere i prodotti in base alla qualità e il 59% in base alla provenienza geografica. Per questo la lettura delle etichette si dimostra una pratica trasversalmente diffusa su tutto il territorio nazionale (dice di guardarle «sempre» il 19% degli intervistati, «spesso» il 47%). Dopo questi recenti allarmi, comunque, buone notizie sono arrivate dai mercati: al momento si registra una sostanziale stabilità degli acquisti di carne bovina e suina degli italiani che ogni anno in media ne consumano rispettivamente 25 chili e 31 chili a testa. Il monitoraggio è stato realizzato dalla Coldiretti, secondo la quale «sembrano avere avuto successo le rassicurazioni delle Autorità competenti sull’assoluta assenza di rischi in Italia anche grazie alle garanzie offerte dal capillare sistema di controllo nazionale che può contare sulla più estesa rete di veterinari. D’altra parte», hanno aggiunto dall’organizzazione, «dall’Irlanda arriva solo lo 0,3% di carne suina importata in Italia mentre la percentuale sale al 7% per la carne bovina che tuttavia è facilmente riconoscibile sugli scaffali dei supermercati grazie all’obbligo di indicare la provenienza in etichetta». Ed è per questo, a parere di Coldiretti, che occorre «estendere a tutti gli alimenti l’obbligo di indicare l’origine in etichetta per garantire la trasparenza dell’informazione». Richiesta che ha trovato concordi altre organizzazioni quali Cia, Confagricoltura, Fedagri-Confcooperative, Mdc (Movimento difesa del cittadino) e dallo stesso presidente dell’Anas (Associazione nazionale allevatori suini), Giandomenico Gusmaroli.