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L’O.M.S LANCIA L’ALLARME SUI DANNI DA ELETTROSMOG

Duro attacco del Codacons al dott. Roberto Bertollini, il ginecologo direttore dell’ufficio italiano dell’O.M.S.. Queste le accuse: 1. non ha saputo controllare la distorta diffusione dei dati dell’O.M.S. sull’elettrosmog avvenuta sui giornali nella scorsa settimana (vedi Repubblica del 30/3/2000) ad opera di un ente privato interessato all’industria elettromagnetica, e ha lasciato realizzare un oggettivo discredito dell’ente sovranazionale; 2. nel corso della trasmissione Tv della Rai 2 del 3/4/2000 (Teleanch’io) ha inviato i cittadini con problemi di elettrosmog a rivolgersi all’ARPA omettendo di indicare l’Ispesl del Ministero della Sanità competente in Italia per legge in materia di prevenzione da elettrosmog. Per queste ragioni il CODACONS inviterà l’O.M.S. ad attribuire al dott. Bertollini altri incarichi, mentre diffonde oggi il VERO CONTENUTO DEL DOCUMENTO DELL’OMS confrontato con le false notizie diffuse nella scorsa settimana. Il documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sui campi elettromagnetici e le politiche di cautela del Marzo 2000 è in parte contraddittorio, ma certamente è un documento che pone l’accento sul fatto che tutti i Paesi più avanzati adottano al momento misure di cautela che vengono individuate, articolate su tre tipi: l’adozione del principio di precauzione, come fatto dai Paesi della Comunità Europea, l’adozione del prudent environmental, e il documento cita alcuni Stati degli Stati Uniti d’America, e il principio Alaara; questi tre diversi approcci alla gestione del rischio del campo elettromagnetico vengono esaminati in relazione alle diverse azioni che comportano da parte dei paesi che li adottano. In nessun punto il documento afferma che non bisogna effettuare spese per l’applicazione del principio e di tutte le politiche di cautela, al contrario osserva che queste politiche si differenziano anche in relazione all’intervento che può essere più modesto nel caso dell’adozione del principio di prudent environmental piuttosto che nel caso del principio di precauzione che il documento richiama, è contenuto nell’art.130 del Trattato dell’Unione Europea, e che è richiamato anche in una recente comunicazione della Commissione. Ora, non solo nel documento non si fa riferimento all’affermazione, che invece è stata diffusa da alcuni giornali, secondo la quale in mancanza di evidenze scientifiche conclusive in ordine agli effetti sanitari a lungo termine, dovuti ad esposizione a bassa intensità ai campi elettromagnetici, non occorrerebbe intraprendere azioni che comportino una spesa, non solo non si dice questo, ma al contrario si sottolinea che in misura diversa ogni politica di cautela adottata può comportare una spesa e deve comportarla anche in assenza della valutazione dei benefici derivanti da questa spesa nella tutela dai rischi ipotizzati a causa della mancanza di un quadro conoscitivo conclusivo su tali rischi. Un altro aspetto che è stato associato al documento, dalla stampa nazionale, e che però è assolutamente inesistente nel documento, è la classifica dei rischi secondo la quale il rischio da campo magnetico a frequenza industriale avrebbe solo, nella modellistica disponibile, una probabilità di 1 (uno) su 100 mila, laddove il rischio da smog tradizionale, cioè l’inquinamento chimico delle aree urbane, sarebbe invece di 60 per 100 mila. E quindi la conclusione è che sarebbe più opportuno investire per la tutela di rischi più significativi piuttosto che per rischi trascurabili, come quello da campi elettromagnetici. Questa affermazione oltre che un?illazione appunto, perché nel documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità non si fanno paragoni fra rischi, è peraltro fuorviante e infondata. Fuorviante perché si paragona la probabilità di morbilità complessiva sotto diverse forme, dalla leucemia ad altre forme di tumore a danni all’apparato circolatorio, dovute allo smog con una specifica forma di morbilità per leucemia infantile dovuta ad elettrosmog; un paragone corretto sarebbe stato quello di paragonare la probabilità di rischio di leucemia quanto per elettrosmog, quanto per lo smog, e allora si sarebbe verificato che l’ordine di grandezza del rischio per i due agenti di inquinamento è lo stesso. Altrimenti si sarebbe dovuto paragonare il rischio complessivo di morbilità dell’elettrosmog con la stima del rischio, 60 casi su 100 mila, di morbilità con esito letale per lo smog; ma in tal caso questo tipo di stima non è disponibile; solo per l’elettrosmog l’unica forma di morbilità indagata a fondo per poter dare una stima del rischio di mortalità al momento è la leucemia infantile, quindi si è sfruttata una carenza di dati per favorire un paragone tra rischi impossibile e fuorviante. E’ inoltre infondata la tesi che occorra investire solo per i rischi più rilevanti dell’elettrosmog, anche in considerazione del fatto che l’elettrosmog è ubiquitario e che l’esposizione ad elettrosmog coinvolge il mondo, una quantità di persone difficilmente stimabile e certamente di numero enormemente elevato, nell’ordine di miliardi di persone. Ora, l’altro riferimento che si è fatto negli articoli della stampa nazionale che hanno riferito di questo documento dell’OMS è stato quello di valutare l’esposizione delle persone in Italia nella misura segnalata, hanno detto gli articolisti, dall’Istituto superiore della Sanità nel Rapporto, io credo si faccia riferimento a quel rapporto, numero 9529 o al successivo 9831. Si è trascurato che in tali rapporti, e ancor più nel documento congiunto Ispesl-Iss del 29 gennaio 1998, si chiarisce che quella stima della quantità delle persone esposte riportata già dall’Istituto Superiore della Sanità e anche dallo stesso documento congiunto, è una stima affetta da una sottovalutazione, causata dal fatto che si sono utilizzati i dati disponibili dell’ENEL e delle Ferrovie dello Stato che concernevano soprattutto e quasi esclusivamente gli elettrodotti in alta tensione, trascurando la rete di distribuzione la quale essendo estesa su 360 mila Km comporta un’esposizione di persone sicuramente maggiore dell’esposizione di persone che si può attribuire alla rete in alta tensione che è assai meno estesa.

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