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Lotta di class


REGGIO EMILIA 20 GIU. 2008 – Non era nemmeno una vera class action ma faceva già troppa paura. Il solito pastrocchio all`italiana, ma sempre meglio che niente. Vista la fatica con cui era passata in Parlamento, sembrava quasi un miracolo essere a due passi dall`entrata in vigore di una legge che consente ai semplici cittadini di tutelarsi ed essere risarciti dai torti delle grande aziende e delle multinazionali. La class action, chiamata anche azione collettiva, consiste infatti in uno strumento processuale che dà la possibilità a una pluralità di soggetti, siano essi consumatori o utenti di un servizio, di far valere un diritto attraverso un`unica causa i cui esiti si riflettono poi su tutta la categoria. Il tutto con un notevole risparmio sulle spese dell’azione legale le quali vengono ripartite su tutti i partecipanti.
Per l`Italia, uno dei pochi paesi che non si è ancora dotato di questo strumento giuridico, l`azione collettiva rimane, invece, ancora un miraggio. Le dichiarazioni del presidente di Confindustria non potevano che sfondare una porta aperta nell`esecutivo. ”Chiederò ancora una volta al Ministro Scajola di prorogare l’entrata in vigore della legge sulla class action prevista per il 29 giugno” ha detto lunedì il presidente Emma Marcegaglia a margine dell`assemblea di Federchimica, aggiungendo che la legge “non va bene, crea problemi alle aziende, non dà particolari vantaggi ai consumatori e arricchisce solo gli studi legali”. Detto, fatto. Il ministro per le Attività Produttive non ci ha messo tanto, ha colto il messaggio e ha subito confermato lo slittamento di sei mesi dell`entrata in vigore del provvedimento, per il quale si dovrà così attendere il primo gennaio 2009. La scusa del governo è quella di rivedere alcuni aspetti della legge, il tutto a tutela del consumatore. Intanto insorgono le associazioni a difesa dei consumatori. Secondo Codacons è una bugia affermare che con la nuova legge ad arricchirsi sarebbero solo gli studi legali. Se si legge bene il provvedimento si capisce chiaramente che solo le associazioni senza fini di lucro e riconosciute dallo Stato possono utilizzare lo strumento della class action, che non è invece utilizzabile dagli studi legali privati.
Abbiamo chiesto a due esperti nella tutela dei diritti dei consumatori e dei risparmiatori un commento sul rinvio dell`entrata in vigore della class action. Il primo è Giorgio Salsi, presidente di Azionariato Diffuso, un`associazione che difende i piccoli azionisti e investitori del settore finanziario. Il secondo è Pietro Adami, il legale che per conto dell`Aduc (Associazione per i Diritti degli Utenti e dei Consumatori) ha curato diverse class action fuori dall`Italia, da quella dei tangobond a quella intentata, e vinta, negli Stati Uniti da azionisti Parmalat.




Ti aspettavi questo rinvio?



G.S.: La Confindustria e le banche sono tra le più coinvolte da una serie di azioni che erano già previste per l`entrata in vigore della class action, inizialmente prevista il primo luglio prossimo. L`opposizione, il tentativo di affossare una delle poche leggi che in qualche modo tutela i più deboli, è dunque comprensibile. E sembra ci stiano riuscendo. E ci sono riusciti. Questo governo ha accettato di far slittare l`entrata in vigore dicendo, ovviamente, che il rinvio è fatto per mettere a posto alcuni aspetti controversi, ma di fatto ha dato ragione a Confindustria e alle banche che da tempo non vogliono una legge di questo tipo.



Le modifiche e i “ritocchi”, come li definisce il ministro, non giustificano questo stop…



G.S.: Certo che no, si potevano fare anche prima. Oppure anche dopo l`entrata in vigore, volendo, in modo da consolidare e rafforzare questa prima versione. E` un`ipocrisia continua. Si vuole far credere, ad esempio, che la class action è una minaccia alla credibilità delle imprese perché può mettere in discussione la loro reputazione. E che ci sono altri stumenti sostitutivi come la conciliazione, ad esempio. Per il caso Bepop, Azionariato Diffuso ha chiesto fin dal 2004 la conciliazione. Ma la banca, in questo caso Capitalia, non ha mai accettato di sedersi a un tavolo con un ente esterno che nel nostro caso era la Camera di Commercio di Brescia.



Per ora niente conciliazione e niente class action…



L`aria che si respira è quella di un peggioramento delle già poche tutele che ci sono. Per adesso sono riusciti a far slittare di sei mesi l`entrata in vigore. Non a caso per tutti gli scandali finanziari italiani non c`è stata una sola sentenza paragonabile anche solo lontanamente a quelle avvenute negli Stati Uniti con i casi Worldcom, Enron ecc., con responsabili mandati in galera e risarcimenti miliardari per i truffati.



Pietro Adami, come giudichi lo slittamento dell`entrata in vigore della legge sull`azione collettiva?


P.A.: L`idea del rinvio non la vedo così male. A mio parere quella legge lasciava tantissimi dubbi. Credo che abbia ragione chi dice che avrebbe solo prodotto questioni di legittimità costituzionali, di procedura, eccezioni di rito ecc. In una parola, mi passi il termine, avrebbe portato a un impantanamento delle cause.
La legge che partirà in gennaio sarà migliore di questa? Nessuno lo può dire. Possiamo invece dire che quella attuale è un po` raffazzonata. Personalmente dubito si possa fare di peggio. Stiamo dunque a vedere se questo governo sarà di parola oppure no. In questo secondo caso avranno ragione coloro che credono che il rinvio di oggi sia un escamotage per affossare tutto. Ad ogni modo con quella legge si andava poco distante.


Tu conosci da vicino la class action in vigore negli Usa. Forse l`unica chanche per l`Italia di avere un istituto simile è che sia l`Unione Europea ad adottarla all`interno dei propri confini…



P.A.: Negli Stati Uniti la class action esiste dagli anni sessanta e funziona. Dei legislatori dell`Unione Europea ho sicuramente più fiducia che dei nostri, di qualunque parte essi siano.

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