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MISS ITALIA: INTESA DEI CONSUMATORI CONTRO IL TELEVOTO. TROPPI 50 CENTESIMI DI EURO A CHIAMATA!








Il costo del televoto per votare da casa le miss che stasera partecipano al concorso di Miss Italia ammonta alla bellezza di 50 centesimi di euro a chiamata. Una cifra assurda ed inspiegabilmente elevata, secondo l’Intesa dei consumatori, soprattutto se raffrontata agli 0,025 euro che pagavano i telespettatori della Lotteria Italia. Ma c’è di più. Un costo così alto per il televoto – sostengono i vertici dell’Intesa – rischia di monetizzare la vittoria e l’intero concorso. Infatti solo chi potrà permettersi di spendere il corrispondente delle vecchie 1.000 lire potrà votare la miss preferita. Allo stesso modo, tra le ragazze che partecipano alla gara, chi avrà parenti e conoscenti benestanti potrà ricevere più televoti rispetto a chi ha parenti meno ricchi.
Addirittura gli sponsor potrebbero investire sul televoto per far vincere la miss che li rappresenterà in gara. Senza contare che un costo così alto per il televoto potrebbe configurare addirittura violazioni delle norme vigenti.

Per l’Intesa dei consumatori, quindi, il costo della chiamata deve essere immediatamente ridotto, portandolo a 0,025 euro così come avviene per altre trasmissioni, considerando che alla telefonata corrisponde un risponditore automatico che si limita a registrare il voto. E poi chi intasca i soldi del televoto? Come saranno ripartiti gli introiti? Chi ha fissato a 50 centesimi il costo della chiamata?

Tutte domande che l’Intesa ha rivolto, tramite una diffida formale, all’Organizzazione di Miss Italia, a Telecom Italia e all’ Autorità per le comunicazioni. A quest’ultima l’Intesa chiede un intervento urgente per riportare il costo del televoto entro canoni accettabili, per accertare se un prezzo così alto per i telespettatori configuri violazioni delle norme vigenti e per inviare sul posto un ispettore che accerti la regolarità delle operazioni legate al televoto.

La medesima segnalazione è stata presentata anche alle Procure della Repubblica di Roma e Parma e al Ministero delle Entrate.





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