ROMA. Cinque famiglie su cento non hanno soldi per fare la spesa. E il dato non riguarda questo dicembre, ma la fine del 2007, anno non ancora investito dalla crisi economica mondiale. A parlare è l’ultima indagine sulla distribuzione del reddito elaborata dall’Istituto nazionale di statistica: un’indagine che lancia un pesante allarme sulle condizioni di vita di un sempre maggior numero di italiani. La rilevazione annuale condotta su un campione di 28mila famiglie ha mostrato un netto peggioramento rispetto la precedente sotto tutti gli indicatori. A fine 2007 è salito dal 4,2 al 5,3% il numero dei nuclei familiari che hanno dichiarato di avere avuto, nel corso dell’anno, «momenti con insufficienti risorse per l’acquisto del cibo». Ma di quasi un punto percentuale (dal 14,6, al 15,4%) è salito anche il numero delle famiglie che ha dichiarato di arrivare con enormi difficoltà alla fine del mese (il 18,5 per cento nel caso dei nuclei monoreddito). I segnali di disagio più marcati, afferma l’Istat, si registrano nelle regioni del mezzogiorno. Se la passano male Sicilia, Campania, Calabria e Puglia dove i redditi sono i più bassi in assoluto e dove le famiglie che riescono a malapena a sbarcare il lunario sono il 22 per cento, quasi un quarto della popolazione. Nell’Italia centrale la regione con più poveri è risultata invece il Lazio mentre al Nord la maglia nera è andata al Piemonte: in ogni caso a soffrire di più sono stati i nuclei familiari con tre o più figli, gli anziani soli e le famiglie monoparentali, in particolare quelle con madri vedove o separate. Le realtà con la situazione migliore, al contrario, sono la provincia autonoma di Bolzano, l’Emilia Romagna, la Toscana e la Lombardia. A livello nazionale, comunque, ben il 32,9 per cento degli intervistati ha dichiarato di non potersi permettere di affrontare una spesa imprevista di 700 euro (soglia che sale al 46,4 per cento nel sud). A salire (dal 10,4 al 10,7%) è anche la quota di quanti hanno dovuto risparmiare, per usare un eufemismo, sul riscaldamento della propria abitazione. Ma i pochi soldi a disposizione hanno imposto tagli ad altri generi tutt’altro che superflui. Ad esempio è passato dal 10,4 all’11,1 per cento il numero di famiglie che lo scorso anno non ha avuto soldi per acquistare i medicinali o affrontare altre spese sanitarie (si arriva al 14,6 considerando soltanto gli anziani soli). Ed è salita al 16,9 per cento (più 0,1) anche la quota di chi ha avuto seri problemi ad acquistare gli abiti necessari: se poi in casa ci sono almeno tre figli il vestiario diventa un problema per il 25,3 per cento delle famiglie. Quanto ai redditi la metà delle famiglie italiane dichiara di avere guadagnato, nel 2006, meno di 1.924 euro al mese. La media nazionale del reddito netto percepito, ha calcolato l’Istat, si è aggirata invece sui 2.379 euro mensili per famiglia. Tuttavia, annota il rapporto, il 61,8 per cento si attesta sotto la media: sotto e non di poco se si considera che il 50 per cento degli anziani soli ha tirato avanti con 955 euro al mese mentre la metà dei nuclei monogenitore (con figli minori) non ha percepito più di 1.637 euro. L’Italia, insomma, resta indietro rispetto ad altre realtà. «Nell’Europa dei 15 siamo i più diseguali», ha spiegato Linda Laura Sabbadini, direttore centrale dell’Istat. «Una diseguaglianza profonda – ha aggiunto – che si concentra nel sud del paese dove la distanza fra ricchi e poveri è maggiore di quella che si registra al nord». Sul dati Istat è intervenuto il Codacons sostenendo che oramai sono 22 milioni e mezzo gli italiani sulla soglia della povertà. Un quadro in sensibile peggioramento di «fronte al quale il governo ha preso provvedimenti insufficienti», si legge in una nota dell’associazione fra consumatori. «La realtà è oggi peggiore di quella descritta e servono interventi strutturali che non possono più non prevedere sgravi per le famiglie con figli», attacca anche il segretario confederale dell’ Ugl, Cristina Ricci. «Un quadro drammatico», ha commentato il segretario del Pd, Walter Veltroni invitando il governo a non cercare diversivi.