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“News” in materia di diritto di famiglia

Convivenza more uxorio e proprietà esclusiva dell’abitazione da parte di uno dei conviventi: il Tribunale di Genova ha stabilito la sussistenza del diritto del convivente ad ottenere il rilascio dell’immobile:

Nel caso di cessazione di un rapporto di convivenza more uxorio, il convivente proprietario esclusivo dell’immobile precedentemente destinato alla convivenza ha diritto di ottenerne il rilascio da parte dell’altro convivente, che non ha alcun titolo per continuare a utilizzare l’abitazione”. Tribunale di Genova, sezione III, sentenza 23.02.2004 n. 845

Separazione tra i coniugi: la casa coniugale può essere affidata ad uno dei coniugi al fine di garantire la tutela familiare. La Corte di Cassazione ha previsto che “in sede di separazione coniugale, il diritto di proprietà, eventualmente anche esclusivo, che un coniuge abbia sulla casa coniugale, può essere sacrificato e compresso da un provvedimento di assegnazione solo qualora tale provvedimento sia giustificato dall’affidamento di figli minori e/o non economicamente autosufficienti”. L’assegnazione della casa coniugale, quindi, secondo l’elaborazione della Suprema Corte trova giustificazione nel superiore interesse, di tutela alla conservazione dell’ambiente familiare per i figli minori, che ne costituisce la ratio legis.
Cass. Sezione I, sentenza 14.01.2005 n. 79

Alimenti corrisposti dal coniuge non affidatario dei figli: regime delle spese straordinarie.
Le spese riguardanti il sostentamento e le cure ordinarie relative, fra l’altro, a prestazioni sanitarie mutuabili, sono ricomprese nell’assegno corrisposto mensilmente a titolo di mantenimento in quanto aventi carattere ordinario, mentre le spese determinate da eventi eccezionali della vita, comprese quelle riguardanti la salute, laddove al contrario si tratti di prestazioni sanitarie non mutuabili rientrano tra quelle straordinarie. Laddove le spese straordinarie non siano diretta conseguenza di scelte di notevole rilevanza operate nell’interesse del minore, il genitore non affidatario ne è tenuto al pagamento, senza diritto di intervenire nel processo decisionale che ha portato alla formazione della spesa, sempre che le erogazioni non superino i limiti della necessità e della congruenza. Al contrario, ove le spese straordinarie trovino il proprio fondamento in decisioni di particolare importanza, il genitore non affidatario ha diritto a essere coinvolto in tali scelte. Le decisioni concernenti le attività meramente ricreative dovranno essere concordate preventivamente dai genitori, non ricorrendo, in ordine a esse, il presupposto della necessità, tale da giustificare una libera iniziativa del genitore presso il quale la minore risulti collocata”.
Cass. Sezione I, sentenza 7 aprile 2005 n. 925

Assegno per il figlio divenuto maggiorenne: il presupposto per la sua erogazione si basa sulla persistenza della coabitazione tra il figlio maggiorenne e il genitore affidatario. Ma la presenza saltuaria del figlio non fa venir meno il requisito della coabitazione, facendo permanere la necessità del versamento dell’assegno. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione: “qualora il figlio divenuto maggiorenne e non ancora autosufficiente non chieda che l’assegno, disposto per il suo mantenimento a favore del coniuge affidatario, gli sia corrisposto direttamente, deve ritenersi che persista da parte di detto coniuge la legittimazione a riscuoterlo iure proprio a titolo di rimborso di quanto costantemente anticipato per conto dell’altro coniuge. Un tale riconoscimento presuppone, però, la persistenza della coabitazione fra il figlio divenuto maggiorenne e il genitore cui era stato affidato in minore età. A tal fine la presenza del figlio solo saltuaria, per la necessità di assentarsi con frequenza per motivi di studio o di lavoro anche per non brevi periodi, non fa venir meno il requisito della coabitazione, sussistendo pur sempre un collegamento stabile con l’abitazione del genitore allorché il figlio vi ritorni ogniqualvolta gli impegni glielo consentano, collegamento che costituisce un sufficiente elemento per ritenere non interrotto il rapporto che lo lega alla casa nella quale era prima vissuto quotidianamente e concreta la possibilità per tale genitore di provvedere, sia pure con modalità diverse, alle sue esigenze”.
Cass. Sezione I, sentenza 27 maggio 2005 n. 11320

L’assegno di mantenimento di un coniuge in favore dell’altro, a seguito dell’intervenuta separazione personale dei coniugi, deve essere versato tenendo in considerazione la finalità di garantire al coniuge intestatario dell’assegno un tenore di vita analogo a quello goduto prima della separazione. Tale principio, ormai assodato dalla giurisprudenza della Suprema Corte, è descritto come un diritto spettante anche al coniuge onerato: “in tema di separazione personale, ove la situazione economica del coniuge richiedente l’assegno di mantenimento risulti tale da non consentirgli di mantenere il tenore di vita goduto prima della separazione, il giudice deve porre a carico dell’altro un assegno che tendenzialmente glielo consenta, tenuto conto che dalla separazione derivano maggiori spese complessive ed anche al coniuge onerato deve essere consentito di tenere un tenore di vita tendenzialmente analogo a quello goduto prima della separazione”. Cass. sez. I civile, 17.06.2009 n. 14081

Nella giurisprudenza di merito, in applicazione del riferito principio di diritto, è stata rigettata, all’esito della fase presidenziale del giudizio di separazione dei coniugi, la domanda di assegno di mantenimento avanzata dalla moglie casalinga, sul rilievo che, a fronte della situazione reddituale del marito (che, allo stato, non percepiva redditi di sorta, essendo dipendente di una società notoriamente in grave crisi di liquidità), il pregresso tenore di vita reddituale non può essere mantenuto né per l’uno né per l’altro e ciò anche in considerazione degli ulteriori costi che la separazione comporta (così Trib. Catania 22.06.2009, che ha sottolineato come, tra le maggiori spese derivanti dalla separazione coniugale, debba includersi la necessità di reperire una seconda abitazione per il coniuge che si allontana dalla casa familiare).

In senso conforme Cass. 16.11.2005, n. 23071, secondo cui la conservazione del precedente tenore di vita del coniuge beneficiario dell’assegno costituisce un obiettivo tendenziale (giacché non sempre la separazione, aumentando le spese fisse dei coniugi, ne consente la piena realizzazione), con la conseguenza che esso va perseguito nei limiti consentiti dalle condizioni economiche del coniuge obbligato e dalle altre circostanze richiamate dall’art. 156, comma 2, cod. civ.

Sotto quest’ultimo profilo, è stata affermato che: nel ricostruire il reddito del coniuge onerato, il giudice deve tenere conto di tutti gli elementi positivi e negativi che contribuiscono a formarlo e quindi anche degli oneri, quali essi siano, che ne riducano l’entità (Cass. 28.04.2006, n. 9878).

Nel provvedimento di affidamento dei figli qualora venga disposto il collocamento prevalente del figlio presso uno dei genitori, l’assegno di mantenimento deve essere a carico del genitore non collocatario. Con la sentenza 4.11.2009, n. 23411 la Corte di Cassazione è intervenuta in materia di affido condiviso. La corresponsione dell’assegno di mantenimento, precisa la Corte, si rivela quantomeno opportuna se non necessaria quando l’affidamento condiviso prevede il collocamento prevalente presso uno dei genitori. Il collocatario, essendo più ampio il tempo di permanenza presso di lui, potrà quindi gestire da solo il contributo ricevuto dall’altro genitore, dovendo provvedere in misura più ampia alle spese correnti e all’acquisto di beni durevoli che non attengono necessariamente alle spese straordinarie. La Suprema Corte ha così respinto il ricorso presentato dal padre del minore, condannato a versare l’assegno di mantenimento, precisando altresì che, ciascun genitore, in base all’art. 155 c.c., deve provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito a prescindere dal fatto che sia coniugato o meno, e che i figli dei genitori non sposati debbono avere gli stessi diritti rispetto a quelli delle coppie sposate. L’uguaglianza tra il trattamento riservato a coppie sposate e quello per le coppie di fatto deve infatti “realizzare il principio della proporzionalità“.

Maltrattamenti in famiglia: reato configurabile anche tra conviventi more uxorio, non solo tra persone coniugate. Prosegue il cammino giurisprudenziale di equiparazione della convivenza more uxorio alla famiglia legittima fondata sul matrimonio ex art. 29 Costituzione. In questo senso si è pronunciata la Cassazione che, con sentenza n. 40727 del 22.10.2009, ha ritenuto integrato l’elemento oggettivo del reato ex art. 572 c.p. – maltrattamenti in famiglia – in relazione alla condotta aggressiva tenuta dal convivente nei confronti della compagna. Afferma la Corte , richiamandosi ad un indirizzo consolidato, che la nozione di famiglia sottesa alla norma penale di cui all’art. 572 c.p. è da intendersi estensivamente, nel senso che il bene giuridico oggetto della tutela penale è comprensivo anche della c.d. “famiglia di fatto”. Con la conseguenza che, ai fini della configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia, non assume alcun rilievo la circostanza che l’azione delittuosa sia commessa ai danni di una persona convivente “more uxorio”, atteso che il richiamo contenuto nell’art. 572 cod. pen. alla “famiglia” deve intendersi riferito ad ogni consorzio di persone tra le quali, per strette relazioni e consuetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenza e solidarietà per un apprezzabile periodo di tempo. Questo intervento, considerato in uno ai precedenti conformi, suscita alcune considerazioni in relazione all’intero ordinamento giuridico: si evidenzia che, attraverso pronunce di questo tipo, la giurisprudenza lancia evidenti segnali al Legislatore circa necessità di intervenire de iure condendo, positivizzando e normando un istituto – quello della famiglia di fatto – che si afferma con prepotenza nella vita quotidiana, esiste, opera nella vita delle persone, con la conseguenza che non si può più far finta di nulla. Questa sentenza, infatti, si colloca in un più ampio indirizzo che trova corrispondenza anche in campo civile nelle pronunce che statuiscono in capo al convivente: ad esempio, il diritto al risarcimento del danno patrimoniale e morale derivante dalla morte del compagno (Cass. 2988/94); diritto a continuare ad abitare nella casa familiare di proprietà esclusiva dell’altro coniuge nel caso in cui divenga affidatario dei figli a seguito della cessazione della convivenza (C. Cost. 166/1998); diritto a subentrare all’assegnatario di alloggio di edilizia economica e popolare in quanto appartenente al nucleo famigliare (Cass. 559/89); diritto a divenire successibile nella titolarità del contratto di locazione di immobili urbani ad uso abitativo i caso di morte del convivente more uxorio (C. Cost. 404/88).

“News” in materia di diritto di famiglia

Convivenza more uxorio e proprietà esclusiva dell’abitazione da parte di uno dei conviventi: il Tribunale di Genova ha stabilito la sussistenza del diritto del convivente ad ottenere il rilascio dell’immobile:

Nel caso di cessazione di un rapporto di convivenza more uxorio, il convivente proprietario esclusivo dell’immobile precedentemente destinato alla convivenza ha diritto di ottenerne il rilascio da parte dell’altro convivente, che non ha alcun titolo per continuare a utilizzare l’abitazione”. Tribunale di Genova, sezione III, sentenza 23.02.2004 n. 845

Separazione tra i coniugi: la casa coniugale può essere affidata ad uno dei coniugi al fine di garantire la tutela familiare. La Corte di Cassazione ha previsto che “in sede di separazione coniugale, il diritto di proprietà, eventualmente anche esclusivo, che un coniuge abbia sulla casa coniugale, può essere sacrificato e compresso da un provvedimento di assegnazione solo qualora tale provvedimento sia giustificato dall’affidamento di figli minori e/o non economicamente autosufficienti”. L’assegnazione della casa coniugale, quindi, secondo l’elaborazione della Suprema Corte trova giustificazione nel superiore interesse, di tutela alla conservazione dell’ambiente familiare per i figli minori, che ne costituisce la ratio legis.
Cass. Sezione I, sentenza 14.01.2005 n. 79

Alimenti corrisposti dal coniuge non affidatario dei figli: regime delle spese straordinarie.
Le spese riguardanti il sostentamento e le cure ordinarie relative, fra l’altro, a prestazioni sanitarie mutuabili, sono ricomprese nell’assegno corrisposto mensilmente a titolo di mantenimento in quanto aventi carattere ordinario, mentre le spese determinate da eventi eccezionali della vita, comprese quelle riguardanti la salute, laddove al contrario si tratti di prestazioni sanitarie non mutuabili rientrano tra quelle straordinarie. Laddove le spese straordinarie non siano diretta conseguenza di scelte di notevole rilevanza operate nell’interesse del minore, il genitore non affidatario ne è tenuto al pagamento, senza diritto di intervenire nel processo decisionale che ha portato alla formazione della spesa, sempre che le erogazioni non superino i limiti della necessità e della congruenza. Al contrario, ove le spese straordinarie trovino il proprio fondamento in decisioni di particolare importanza, il genitore non affidatario ha diritto a essere coinvolto in tali scelte. Le decisioni concernenti le attività meramente ricreative dovranno essere concordate preventivamente dai genitori, non ricorrendo, in ordine a esse, il presupposto della necessità, tale da giustificare una libera iniziativa del genitore presso il quale la minore risulti collocata”.
Cass. Sezione I, sentenza 7 aprile 2005 n. 925

Assegno per il figlio divenuto maggiorenne: il presupposto per la sua erogazione si basa sulla persistenza della coabitazione tra il figlio maggiorenne e il genitore affidatario. Ma la presenza saltuaria del figlio non fa venir meno il requisito della coabitazione, facendo permanere la necessità del versamento dell’assegno. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione: “qualora il figlio divenuto maggiorenne e non ancora autosufficiente non chieda che l’assegno, disposto per il suo mantenimento a favore del coniuge affidatario, gli sia corrisposto direttamente, deve ritenersi che persista da parte di detto coniuge la legittimazione a riscuoterlo iure proprio a titolo di rimborso di quanto costantemente anticipato per conto dell’altro coniuge. Un tale riconoscimento presuppone, però, la persistenza della coabitazione fra il figlio divenuto maggiorenne e il genitore cui era stato affidato in minore età. A tal fine la presenza del figlio solo saltuaria, per la necessità di assentarsi con frequenza per motivi di studio o di lavoro anche per non brevi periodi, non fa venir meno il requisito della coabitazione, sussistendo pur sempre un collegamento stabile con l’abitazione del genitore allorché il figlio vi ritorni ogniqualvolta gli impegni glielo consentano, collegamento che costituisce un sufficiente elemento per ritenere non interrotto il rapporto che lo lega alla casa nella quale era prima vissuto quotidianamente e concreta la possibilità per tale genitore di provvedere, sia pure con modalità diverse, alle sue esigenze”.
Cass. Sezione I, sentenza 27 maggio 2005 n. 11320

L’assegno di mantenimento di un coniuge in favore dell’altro, a seguito dell’intervenuta separazione personale dei coniugi, deve essere versato tenendo in considerazione la finalità di garantire al coniuge intestatario dell’assegno un tenore di vita analogo a quello goduto prima della separazione. Tale principio, ormai assodato dalla giurisprudenza della Suprema Corte, è descritto come un diritto spettante anche al coniuge onerato: “in tema di separazione personale, ove la situazione economica del coniuge richiedente l’assegno di mantenimento risulti tale da non consentirgli di mantenere il tenore di vita goduto prima della separazione, il giudice deve porre a carico dell’altro un assegno che tendenzialmente glielo consenta, tenuto conto che dalla separazione derivano maggiori spese complessive ed anche al coniuge onerato deve essere consentito di tenere un tenore di vita tendenzialmente analogo a quello goduto prima della separazione”. Cass. sez. I civile, 17.06.2009 n. 14081

Nella giurisprudenza di merito, in applicazione del riferito principio di diritto, è stata rigettata, all’esito della fase presidenziale del giudizio di separazione dei coniugi, la domanda di assegno di mantenimento avanzata dalla moglie casalinga, sul rilievo che, a fronte della situazione reddituale del marito (che, allo stato, non percepiva redditi di sorta, essendo dipendente di una società notoriamente in grave crisi di liquidità), il pregresso tenore di vita reddituale non può essere mantenuto né per l’uno né per l’altro e ciò anche in considerazione degli ulteriori costi che la separazione comporta (così Trib. Catania 22.06.2009, che ha sottolineato come, tra le maggiori spese derivanti dalla separazione coniugale, debba includersi la necessità di reperire una seconda abitazione per il coniuge che si allontana dalla casa familiare).

In senso conforme Cass. 16.11.2005, n. 23071, secondo cui la conservazione del precedente tenore di vita del coniuge beneficiario dell’assegno costituisce un obiettivo tendenziale (giacché non sempre la separazione, aumentando le spese fisse dei coniugi, ne consente la piena realizzazione), con la conseguenza che esso va perseguito nei limiti consentiti dalle condizioni economiche del coniuge obbligato e dalle altre circostanze richiamate dall’art. 156, comma 2, cod. civ.

Sotto quest’ultimo profilo, è stata affermato che: nel ricostruire il reddito del coniuge onerato, il giudice deve tenere conto di tutti gli elementi positivi e negativi che contribuiscono a formarlo e quindi anche degli oneri, quali essi siano, che ne riducano l’entità (Cass. 28.04.2006, n. 9878).

Nel provvedimento di affidamento dei figli qualora venga disposto il collocamento prevalente del figlio presso uno dei genitori, l’assegno di mantenimento deve essere a carico del genitore non collocatario. Con la sentenza 4.11.2009, n. 23411 la Corte di Cassazione è intervenuta in materia di affido condiviso. La corresponsione dell’assegno di mantenimento, precisa la Corte, si rivela quantomeno opportuna se non necessaria quando l’affidamento condiviso prevede il collocamento prevalente presso uno dei genitori. Il collocatario, essendo più ampio il tempo di permanenza presso di lui, potrà quindi gestire da solo il contributo ricevuto dall’altro genitore, dovendo provvedere in misura più ampia alle spese correnti e all’acquisto di beni durevoli che non attengono necessariamente alle spese straordinarie. La Suprema Corte ha così respinto il ricorso presentato dal padre del minore, condannato a versare l’assegno di mantenimento, precisando altresì che, ciascun genitore, in base all’art. 155 c.c., deve provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito a prescindere dal fatto che sia coniugato o meno, e che i figli dei genitori non sposati debbono avere gli stessi diritti rispetto a quelli delle coppie sposate. L’uguaglianza tra il trattamento riservato a coppie sposate e quello per le coppie di fatto deve infatti “realizzare il principio della proporzionalità“.

Maltrattamenti in famiglia: reato configurabile anche tra conviventi more uxorio, non solo tra persone coniugate. Prosegue il cammino giurisprudenziale di equiparazione della convivenza more uxorio alla famiglia legittima fondata sul matrimonio ex art. 29 Costituzione. In questo senso si è pronunciata la Cassazione che, con sentenza n. 40727 del 22.10.2009, ha ritenuto integrato l’elemento oggettivo del reato ex art. 572 c.p. – maltrattamenti in famiglia – in relazione alla condotta aggressiva tenuta dal convivente nei confronti della compagna. Afferma la Corte , richiamandosi ad un indirizzo consolidato, che la nozione di famiglia sottesa alla norma penale di cui all’art. 572 c.p. è da intendersi estensivamente, nel senso che il bene giuridico oggetto della tutela penale è comprensivo anche della c.d. “famiglia di fatto”. Con la conseguenza che, ai fini della configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia, non assume alcun rilievo la circostanza che l’azione delittuosa sia commessa ai danni di una persona convivente “more uxorio”, atteso che il richiamo contenuto nell’art. 572 cod. pen. alla “famiglia” deve intendersi riferito ad ogni consorzio di persone tra le quali, per strette relazioni e consuetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenza e solidarietà per un apprezzabile periodo di tempo. Questo intervento, considerato in uno ai precedenti conformi, suscita alcune considerazioni in relazione all’intero ordinamento giuridico: si evidenzia che, attraverso pronunce di questo tipo, la giurisprudenza lancia evidenti segnali al Legislatore circa necessità di intervenire de iure condendo, positivizzando e normando un istituto – quello della famiglia di fatto – che si afferma con prepotenza nella vita quotidiana, esiste, opera nella vita delle persone, con la conseguenza che non si può più far finta di nulla. Questa sentenza, infatti, si colloca in un più ampio indirizzo che trova corrispondenza anche in campo civile nelle pronunce che statuiscono in capo al convivente: ad esempio, il diritto al risarcimento del danno patrimoniale e morale derivante dalla morte del compagno (Cass. 2988/94); diritto a continuare ad abitare nella casa familiare di proprietà esclusiva dell’altro coniuge nel caso in cui divenga affidatario dei figli a seguito della cessazione della convivenza (C. Cost. 166/1998); diritto a subentrare all’assegnatario di alloggio di edilizia economica e popolare in quanto appartenente al nucleo famigliare (Cass. 559/89); diritto a divenire successibile nella titolarità del contratto di locazione di immobili urbani ad uso abitativo i caso di morte del convivente more uxorio (C. Cost. 404/88).

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