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“Non e’ omerta’, solo comportamenti timorosi e di comodo”

 Caro direttore, leggendo l’articolo sull’ex-dipendente CoopCostruttori (Paolo Toni, ndr) che "svelava" i trucchi, ho letto anche il trafiletto riferito all’omertà di Argenta. Lungi da me il pensiero di salvare o di difendere quanto di marcio c’è in questa faccenda (l’aver lasciato senza soldi più di 2000 soci che si fidavano ciecamente di Donigaglia è un reato che dovrebbe, oltre ad essere risarcito per intero dagli stessi dirigenti, pesare su di loro come un macigno), ma almeno qualche risposta mi piacerebbe riceverla: se il rag. Toni era a conoscenza di tali trucchi e di tali peripezie per salvare la Cooperativa fin dal 1994, perché ha aspettato l’avvento dell’Amministrazione straordinaria per dire certe cose, perché non ha confidato o riferito nelle assemblee pubbliche qual era il marcio che c’era dentro la Cooperativa? Perché non ha riferito a qualche consigliere (che ora si trova indagato solo per aver alzato la mano e dato il proprio assenso su decisioni già prese da altri) di ciò che capitava? Perché non ha provato a cambiare una situazione drammatica che ha portato a quello che tutti conosciamo? Forse per la stessa omertà che dice Lei o forse la stessa omertà che abbiamo avuto tutti. Certo il sig. Toni è rimasto "solo" perché le persone che erano a conoscenza delle varie "furbate" che venivano commesse e che operavano secondo quanto dettato dai dirigenti, erano amministrativi, gli stessi amministrativi che sono stati impiegati immediatamente dopo il 2 giugno 2003 (data di consegna dei libri in Tribunale, ndr), oppure gli amministrativi che attualmente sono occupati presso la ditta dove lavora lo stesso Donigaglia. Perché aspettarsi da queste persone una qualunque dichiarazione o "confessione" in merito ai "trucchi", quando tutti sono dipendenti degli stessi dirigenti che eseguivano i "trucchi": piuttosto mi aspettavo che qualcuno da esterno potesse interrogarsi sul perché, un datore di lavoro di una nota ditta di Bologna con un buon fatturato, affidasse tutto il proprio settore amministrativo a chi aveva portato a fallimento una delle più grandi cooperative nazionali. Gli stessi amministrativi che insieme scrissero una lettera proponendo all’ill.mo Donigaglia un cambio di rotta nella gestione della Cooperativa, lettera che venne stracciata in faccia a noi impiegati tacciandoci di non sapere niente, che la Cooperativa era forte, che vantava crediti e che non si doveva pensare male… parole ripetute pochissimi giorni prima della consegna dei libri in Tribunale sia al Centro operativo di Argenta, sia a Filo, dicendo che c’erano i CORVI. Omertà ancora che è montata negli impiegati e nella gente quando, dopo il crac, alla vigilia delle elezioni amministrative del 2004, il presidente della Regione ha detto che NON si doveva spezzare la catena amministrativa che governava Regione, Provincia e Comune per cercare di ottenere il massimo supporto dalle istituzioni, quando la Legacoop nelle assemblee diceva che si sarebbe fatto di tutto per restituire i crediti ma senza polemiche o denunce le quali avrebbero sortito l’effetto contrario e quindi il blocco di tale impegno… forse questa omertà era dettata dalla speranza, ricordo che molti non avevano ancora il lavoro ed erano stati privati anche dei propri risparmi!  Omertà che ancora adesso viene "richiesta" da LEGACOOP la quale sospende i rimborsi per chi aderisce al Codacons e si costituisce parte civile nei confronti dei responsabili del CRAC… ma se non ha niente da temere e niente da nascondere, se è completamente estranea a quanto successo, se non ha mai forzato le scelte dei bravissimi dirigenti, si può tranquillamente difendere, uscirne pulita ed anche rafforzata nell’immagine di quanti la vedono implicata nella vicenda con tante ombre! Auspico chiarezza, ma non parlerei di omertà, caro direttore, piuttosto di comportamenti timorosi per alcuni e di comportamenti di comodo per altri. un ex impiegato amministrativo Ci sembra di vederlo, mentre scrive la lettera, questo ex impiegato amministrativo: combattuto tra il desiderio di far conoscere a tutti il suo pensiero, ma trattenuto dal timore di doversi esporre: ha scelto il danno minore, restare senza nome, come al solito. E allora, gli chiediamo, cos’è questo atteggiamento se non omertà? Perché ancora oggi, il signor X – come lo chiameremo – non ha la serenità, presentandosi con nome e faccia, per affermare circostanze e porre interrogativi ai suoi ex padroni e a coloro che li hanno aiutati a far affondare la Coop? Qualcosa è cambiato, però, rispetto il passato: il tono della lettera, pacato e riflessivo, quasi indulgente nei confronti de la Nuova. Mentre in questi anni, i pochi che replicavano alle nostre affermazioni sull’omertà «protettiva» del dopo crac, lo facevano con veemenza, nervosismo, arroganza. Negando l’evidenza disarmante e inappellabile di un crac annunciato, tenuto nascosto. Protetto, appunto. Con omertà. Tanta omertà. Facendo «parlare» Paolo Toni attraverso la sua testimonianza a verbale, non abbiamo voluto «beatificarlo». Ma solo sottolineare come sia stato l’unico a testimoniare. Ed è avvilente, leggendo le 40mila pagine del fascicolo processuale trovare, tra questa montagna di carta, «solo» le sue spiegazioni. Avvilente perché unico a chiarire, quello che tanti altri intorbidivano. Avvilente perché – ci dicono da Argenta – altri ex impiegati (del settore informatico, quello indagato per files criptati, nascosti e cancellati), avrebbero affermato che nonostante le loro testimonianze rese ai finanzieri, noi non le avremmo riportate perché, volontariamente, pubblicheremmo solo ciò che ci fa comodo. Semplicemente non ci sono agli atti, forse perché non spiegavano nulla. Ma se Toni sapeva da tanto tempo, perché non ha parlato prima? Per interesse, come tanti? Forse, come è lecito e legittimo per tutti i dipendenti Coop, per difendere il proprio posto di lavoro da un padre-padrone che non deve aver lasciato un buon ricordo in chi ha lavorato per lui, se non il rancore-livore che porta a chiamarlo ‘DonCanaglia’, come fa il signor X. Ma è lo stesso interesse – visto in chiave negativa – che ha spinto altri a «migrare» in massa verso il Bolognese, come è accaduto per gli impiegati «fedeli», quelli che nelle intercettazioni aiutano Donigaglia e Ricci a boicottare le indagini e che hanno seguito, forse premiati, i loro «padroni». L’omertà è, ed è stata, di tanti. Anche e soprattutto della politica, vecchia e nuova, che, passiva, oggi fa finta di nulla, annuncia dichiarazioni roboanti per rifarsi una verginità e poi le ritira per timore dell’effetto che faranno. E che infine minimizza le 40mila pagine depositate in procura dove si parla dei propri rappresentanti e amministratori, conniventi anche se non penalmente: ma non è anche questa «questione morale»? Il signor X argomenta sul dopo crac in modo condivisibile, ma ci spiazza, affermando che per lui, non c’è stata omertà: sarebbe meglio parlare di comportamenti timorosi di alcuni e di comodo di altri. Ma timore e comodo non si concretizzano nella stessa impenetrabile omertà che porta ancora oggi il signor X a preferire l’anonimia?
 

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