Site icon Codacons Lombardia

Operai morti per l`amianto: condannati i dirigenti della Goodyear

“Una sentenza storica“, la definisce il legale delle famiglie che da anni si battono per ottenere giustizia: 24 anni complessivi (singole condanne da 3 mesi a 4 anni e 8 mesi) per 9 dirigenti della fabbrica di pneumatici Goodyear di Cisterna di Latina. Sono in tutto 34 gli operai morti di tumore, e 10 ammalati, per aver respirato amianto, ammine aromatiche e idrocarburi aromatici policiclici dal 1974 al 2000, la maggior parte nel reparto “Bambury“. L`importanza della sentenza – spiega l`avvocato Luigi Di Mambro, che difende i familiari delle vittime – sta nel “riconoscimento del nesso di causalità tra le malattie contratte e i tumori“. E` apparso soddisfatto per la sentenza del giudice Cinzia Parasporo, anche il pm Gregorio Capasso, che ha seguito la vertenza per oltre 50 udienze: gli anni richiesti dalla pubblica accusa erano 31. Valerio Bagialemani, presidente familiari delle vittime, ha accolto la sentenza tra le lacrime: “Volevamo stabilire un principio, nessuno ci ridarà i nostri familiari“. Le condanne più pesanti per Paul Arthur Ricchiuti, direttore di produzione (5 anni e 6 mesi) e Richard Antony Grano, presidente cda di Goodyear Italia (4 anni e 8 mesi). Tre anni e 1 mese a Steve Edward Lucas; 2 anni e 7 mesi a Charles Lee Grunder; 2 anni e 1 mese a Pierdonato Palusci; 1 anno e 7 mesi a Claude Michael Murpy; 11 mesi ad Adalberto Muraglia e Antonio Corsi, 3 mesi a Jeffrey Smith. Passando alla vicenda Thyssen, è stata aggiornata al 23 luglio, e sarà ancora dedicata alle costituzioni di parte civile, l`udienza preliminare per il rogo di Torino costato la vita a 7 operai. Nella sessione di ieri, durata solo un`ora, hanno chiesto di costituirsi parte civile Fim, Fiom e Uilm, la Regione Piemonte, il Comune e la Provincia di Torino, il Codacons e un`ottantina di lavoratori dell`acciaieria. I familiari delle vittime, avendo accettato un risarcimento record di 13 milioni di euro, non potranno costituirsi parte civile. Alcuni di loro ieri mattina erano comunque presenti fuori dall`aula. Indossavano una maglietta bianca con sopra serigrafate le foto dei 7 morti. “Volevo vedere se c`erano gli imputati per guardarli negli occhi“, ha detto la madre di Roberto Scola. Ma nessuno dei sei imputati, tutti dirigenti della multinazionale, si è presentato all`udienza. Maretta all`ingresso di palazzo di giustizia quando è transitato il segretario Uilm Piemonte Maurizio Peverati. Si è preso del “buffone“ e del “venduto“ da un gruppo di iscritti Fiom. La Uilm si è data molto da fare per convincere buona parte dei dipendenti a sottoscrivere un verbale “tombale“ di conciliazione con la Thyssen. Dimettendosi, circa 150 lavoratori hanno riconosciuto di non aver più nulla da vantare in futuro nei confronti dell`azienda. Gli 80 che non hanno “conciliato“ hanno chiesto di costituirsi parte civile. Sette di loro lavoravano sulla linea 5, erano in fabbrica la notte del rogo, secondo i periti sono vittime di “sindrome da stress post traumatico“. Gli altri 73 sostengono d`aver subito un danno morale dal comportamento omissivo dell`azienda che, una volta decisa la chiusura, non ha più investito un euro per la sicurezza. Raffaele Guariniello, da ieri procuratore capo vicario, su un eventuale patteggiamento tira giù la saracinesca: “Penso non sia nelle cose“. “Ci aspettiamo una sentenza esemplare, che faccia diritto“, dichiara Giorgio Cremaschi, Fiom nazionale. Dall`udienza a porte chiuse filtra la disponibilità della Thyssen ad allargare ulteriormente i cordoni della borsa. “Non ci siamo costituiti parte civile per ottenere soldi e lo resteremo fino alla sentenza“, dichiara Giorgio Airaudo (Fiom Torino). Notata l`assenza di Antonio Boccuzzi, l`unico sopravvissuto al rogo, eletto deputato Pd. Il suo volto bruciato era diventato l`icona della strage. Non ha ancora deciso se si costituirà parte civile. “Sto valutando con i miei legali, deciderò in settimana“.

Exit mobile version