Site icon Codacons Lombardia

Petrolio, continua la discesa delle quotazioni

NEW YORK Il petrolio scende ancora, la benzina è ferma. E se aggiustamenti al ribasso hanno interessato il diesel, la verde è rimasta sostanzialmente stabile negli ultimi giorni. Il terremoto causato dal crac di Lehman Brothers, il rischio che il copione possa ripetersi per il colosso delle assicurazioni Aig, la difficile situazione di Goldman Sachs, uniti ai timori che la crisi finanziaria in atto si riverberi sull’economia reale e si traduca in recessione, sono il mix che sta trascinando il greggio al ribasso. Il barile è tornato ieri sotto i 90 dollari, con il Brent che ha toccato quota 89,2 dollari, il livello più basso dall’inizio del marzo scorso. Una discesa "figlia" dell’impasse finanziaria, legata al principalmente al fatto che chi ha puntato sul greggio nei mesi passati, investendo sui futures, e facendo lievitare il prezzo, oggi sta uscendo da queste posizioni. Il petrolio a New York ha chiuso la seduta regolare a 91,49 dollari con un ribasso del 4,4% dopo essere sceso fino ad minimo di 90,51. Vista nell’ottica del cittadino, il calo del barile dovrebbe portare con sè l’effetto positivo di una discesa dei prezzi dei carburanti. E un ribasso c’è stato, come hanno confermato anche i dati diffusi l’altro ieri dall’Istat sull’inflazione ad agosto. Ma il "taglio" denunciano le associazioni dei consumatori non è in linea con la riduzione delle quotazioni petrolifere: resta una quota di "speculazione" che ammonta a 7-8 centesimi al litro.  Adoc, Adusbef, Codacons e Federconsumatori, hanno confrontato i listini di ieri dei carburanti con quelli di novembre e dicembre 2007 e di gennaio e febbraio 2008, periodi in cui il petrolio si attestava, come ora, sui 90 dollari. E hanno tenuto conto di "un fattore di correzione, sul prezzo industriale, dovuto al cambio dollaro-euro, con una percentuale di apprezzamento del 4,5%". Risultato: la benzina dovrebbe costare 1,38 euro al litro, contro la media attuale di 1,45 euro, il gasolio 1,31 euro, mentre è venduto a 1,39-1,40 euro al litro. L’Unione petrolifera non ci sta e parla di "accuse non basate su dati di fatto". Il reale riferimento per la definizione dei prezzi interni, avverte l’Up, sono le quotazioni dei prodotti finiti scambiati sulle piazze internazionali, che "nei periodi in cui il greggio presentava valori simili a quelli di ieri, erano ben inferiori a quelle attuali anche tenendo conto dell’effetto cambio". Nel dettaglio, "a gennaio 2008 il prezzo internazionale della benzina era di 0,415 euro/litro contro gli attuali 0,531. Per il gasolio, in media a gennaio 2008 il prezzo internazionale era di 0,477 euro/litro contro gli attuali 0,579". Ma a segnalare che qualcosa non va sul mercato italiano dei carburanti non sono solo i consumatori. Il Cerm, per esempio, parla di "anomalie" concentrate nei "prezzi dell’industria, che mantengono margini di ricavo elevati lungo tutta la filiera e indipendenti da ciclo del petrolio". Tra il 1998 e il primo semestre 2008, sostiene un’indagine dell’istituto di ricerca, i prezzi industria italiani della benzina e del diesel sono stati stabilmente più alti della media dell’Europa dei 15, con uno scarto medio superiore all’11%. L’Opec ha rivisto al ribasso le previsioni della domanda petrolifera globale per il 2009, a causa del rallentamento dell’economia in atto. Secondo l’organizzazioni dei paesi produttori di greggio, le stime per il prossimo anno sono di 87,66 milioni di barili al giorno, a fronte della precedente previsione, pari a 87,80 milioni di barili. Il Brasile ha declinato l’invito dell’Arabia Saudita a entrare nell’Opec, l’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio. I brasiliani hanno spiegato che il Paese prevede di raffinare e non di esportare il greggio recentemente scoperto nei giacimenti in fondo al mare, al largo della costa. L’agenzia giornalistica statale Agencia Brasil attribuisce al ministro delle miniere e dell’energia Edison Lobao di aver detto che l’invito era stato avanzato recentemente. Paulo Roberto Costa, alto dirigente della compagnia statale Petroleo Brasileiro Sa, ha confermato che il Brasile ha declinato l’offerta perchè prevede di raffinare il greggio in casa per poter esportare i prodotti petroliferi. Secondo gli analisti, le riserve di greggio scoperte al largo delle coste brasiliane ammonterebbero a 55 miliardi di barili di petrolio, abbastanza da catapultare il Brasile tra le superpotenze petrolifere.
 

Exit mobile version