I prezzi negli ultimi anni sono aumentati soprattutto al Sud. E con l’introduzione dell’euro gli aumenti maggiori si sono registrati per le bevande alcoliche, la casa e le bollette di acqua, elettricità e gas. Lo sostiene un rapporto stilato dall’Ufficio Studi dell’Associazione artigiani e piccole imprese di Mestre (Cgia) sulla base dei dati statistici nazionali. Ebbene, secondo la Cgil se dal 2001 al 2008 la media italiana degli aumenti è stata del 17,1%, la Calabria è la regione che ha registrato il balzo più elevato dell’inflazione con una crescita del 21%. In seconda posizione troviamo ad un incollatura la Campania con il 20,3% tallonata dalla Sicilia al 19% e dalla Puglia con il 18%. Quanto alle regioni più "virtuose", quelle in cui il morso dell’inflazione si è sentito di meno, incontriamo nell’ordine la Toscana (14,9%) quindi il Molise (15%) seguito da Lombardia (15,2%) e Veneto (15,6%). "é opportuno sottolineare che la maggior crescita dell’inflazione non deve essere confusa con il costo della spesa in termini assoluti", ha precisato Giuseppe Bortolussi della Cgia, "anzi, il costo in generale è inferiore. La maggior crescita dell’inflazione nel Mezzogiorno si spiega con il fatto che la base di partenza dei prezzi nel 2001 era molto più bassa rispetto a quella registrata al Nord". Lo studio della Cgia di Mestre ha anche analizzato nel dettaglio le singole categorie. E tra quelle che hanno avuto i maggiori rincari spiccano le bevande alcoliche e i tabacchi. Con la Campania in testa (+46,7 % in sette anni), seguita da Sicilia (45,5%), Abruzzo (44,4%), Calabria (44,1%) e Lazio (43%). Quando si parla di spese per l’abitazione, acqua, elettricità e combustibili, gli aumenti più significativi giungono dal Trentino Alto Adige (+37,5%), dalla Sardegna (+34,8%), dalla Sicilia (32,3%) e dal Molise (31,1%). Intorno al 25-30% anche gli incrementi dei prodotti alimentari e i trasporti. Più contenuti gli aumenti registrati nell’istruzione, negli alberghi, nell’abbigliamento, nei mobili e negli spettacoli. Quanto ai motivi per cui la spinta inflattiva è più pronunciata al Sud rispetto al Nord, il Codacons, uno delle sigle più note fra le associazioni dei consumatori, ha delle idee piuttosto chiare. E difatti commentando le cifre dello studio condotto dalla Cgia di Mestre (a cominciare dai risultati negativi di Calabria, Campania, Sicilia e Puglia) il Codacons stesso osserva in una nota che "ciò avviene perché nelle regioni del Sud la concorrenza tra operatori economici è pressoché inesistente". Secondo l’associazione, infatti, è sufficiente ricordare "che le città del Mezzogiorno registrano un numero bassissimo di supermercati e ipermercati rispetto al numero di abitanti, e gli hard discount in alcune zone nemmeno esistono". Il risultato di questo quadro aggiungono al Codacons è scontato: "Non solo una minore scelta per i consumatori, ma anche un regime dei prezzi che, non essendo basato sulla concorrenza, determina rincari più consistenti". Senza contare conclude l’associazione "l’infiltrazione della criminalità organizzata nei vari passaggi della rete distributiva, che si ripercuote direttamente sui listini".