Ragazzini di tredici anni che gridano slogan contro la privatizzazione, molti striscioni anti Gelmini, poche bandiere. In una caldissima giornata di ottobre, tra pance nude e sciarpe colorate, gli studenti sono scesi in piazza in molte città italiane. "è solo l’inizio", recita lo striscione che apre il primo corteo d’autunno. Ce ne saranno altri promettono i ragazzi che si sono dati appuntamento a Roma, Milano, Napoli, Firenze, Palermo, Bari, Venezia, Trieste, gli studenti tornano a manifestare in migliaia, gridano vecchie parole d’ordine, ma questa volta c’è qualcosa in più: è la prima risposta organizzata alle sfide che dal Parlamento calano sulla scuola a un ritmo più veloce dei loro canti rap. E questo non è il solito corteo. Accanto agli studenti prendono la parola anche alcuni professori, circolano nelle piazze genitori in lotta contro il maestro unico, si battono le mani ai poliziotti che a Roma stanno davanti al Ministero dell’Istruzione, solidarietà anche a loro vittime dei tagli. Spira un vento nuovo nel Paese e la scuola lo sa. Perché questa volta la paura c’è davvero. Esiste concreto il timore che questo non sia il solito balletto dei tagli, la solita manovra che affonderà nella palude, l’eterno corteo. Questa è la battaglia decisiva in difesa della scuola pubblica. Tutti temono che insieme ai tagli di maestri, sedi, orari verranno spazzate via anche molte garanzie e il diritto allo studio uguale per tutti. E ora si fanno le prove di una nuova alleanza trasversale che si salderà il 30 ottobre, giorno dello sciopero generale. "Gelmini ministro della D-istruzione", "Con il voto in condotta ci tappano la bocca", gridano i ragazzi, per l’Uds, Unione degli studenti, i principali promotori della mobilitazione, in tutta Italia a manifestare sono in trecentomila. A Roma ci sono le studentesse vestite da "grembiuline", a Napoli quelle a lutto dietro la bara della scuola. Ci sono quelli che dicono: "Abbiamo le aule disastrate, i soldi toglieteli ai politici che guadagnano milioni" e altri che ricordano "non toglieteci il futuro, il futuro siamo noi". Provano a contarsi nelle piazze: "Accidenti a quelli che sono rimasti a casa a dormire", grida col megafono una ragazza. Ecco i provvedimenti più contestati: i tagli per 8 miliardi di euro all’istruzione, il ritorno del maestro unico, l’abbassamento dell’obbligo scolastico dai 16 anni ai 14, i finanziamenti alle strutture private e il voto in condotta. E contro la scuola di Gelmini e Tremonti non ci sono solo gli studenti. Oltre alle piazze ci sono anche le vie legali. A Firenze l’assessore all’istruzione, Gianfranco Simoncini, ha detto che la Toscana farà ricorso alla Corte Costituzionale. "è un atto arrogante e illegittimo contro il quale ci opporremo con ogni mezzo, compreso il ricorso alla Corte Costituzionale", ha detto Simoncini a proposito dell’articolo 3 del decreto legge 154 con il quale il governo impone alle Regioni di attenersi alle sue recenti decisioni per quanto riguarda il dimensionamento scolastico. Dello stesso parere il Codacons che annuncia la nascita del "Comitato nazionale Insegnanti e Genitori vittime della Gelmini".