Il diritto di recesso o di “ripensamento” è il diritto del consumatore di sciogliere unilateralmente il contratto di acquisto di un bene o di un servizio, concluso a distanza, o fuori dai locali dell’esercizio commerciale. Tale diritto potrà essere esercitato, senza alcuna penalità e senza indicare una motivazione specifica, entro il termine di 14 giorni lavorativi.
Il diritto di recesso non è altro che un beneficio che ci riconosce la legge ogni qualvolta concludiamo un affare. Il Codice Civile parla di contratto e attribuisce ad una delle parti contraenti la facoltà di ritirarsi dall’accordo. Il recesso può avvenire in qualsiasi momento durante una prestazione periodica oppure prima che il contratto abbia avuto esecuzione, ed è possibile prevedere un corrispettivo per poter usufruire del diritto di recesso.
Alla regola del Codice Civile si affiancano le norme del Codice del Consumo che si rivolgono specificamente a tutti coloro che fanno acquisti fuori dai locali commerciali o concludono un contratto a distanza. Costoro, di fatto, rappresentano la parte più debole nell’ambito economico, a maggior ragione quando il venditore è un’azienda di grandi dimensioni che ha tantissimi clienti.
Il diritto di recesso è riconosciuto solo quando l’affare avviene fuori dal negozio (inteso come locale in senso fisico) e quando il contratto si conclude adoperando tecniche di comunicazione a distanza. In altri termini, per esercitare il diritto di recesso, consumatore e venditore non devono mai venire direttamente a contatto l’un l’altro, ma interagiscono fra loro tramite una piattaforma (quale può essere un sito internet, un portale, una rivista), uno scambio di e-mail o una telefonata.
Il termine per esercitare il diritto di recesso è di quattordici giorni che decorrono:
Qui di seguito, riportiamo la sentenza del 27 marzo 2019, la sesta sezione della Corte di Giustizia Europea si è pronunciata sull’interpretazione dell’art. 16 della Direttiva europea sui diritti dei consumatori (Direttiva 2011/83/UE) in materia di eccezioni al diritto di recesso.
Con sentenza del 27 marzo 2019, la sesta sezione della Corte di Giustizia Europea si è pronunciata sull’interpretazione dell’art. 16 della Direttiva europea sui diritti dei consumatori (Direttiva 2011/83/UE) in materia di eccezioni al diritto di recesso. La vicenda da cui trae origine la sentenza, vede coinvolta un’azienda tedesca specializzata nella commercializzazione di materassi che ha negato ad un proprio cliente la possibilità di restituire il materasso, acquistato online, entro i 14 giorni dalla consegna per aver lo stesso rimosso la pellicola protettiva di cui era rivestito. Assumeva, infatti, l’azienda che al caso di specie fosse applicabile l’art. 16 lettera e) (art. 52 lett. e) del nostro Codice del Consumo) che esclude il diritto di recesso in caso di acquisto “di beni sigillati che non si prestano ad essere restituiti per motivi igienici o connessi alla protezione della salute e sono stati aperti dopo la consegna”.
La sentenza emessa in favore del consumatore, veniva confermata in appello per poi giungere davanti alla Corte Federale di Giustizia tedesca il cui Giudice decideva di rinviare alla Corte di Giustizia Europea ogni valutazione in merito all’inclusione di prodotti, come i materassi, tra i beni che per motivi igienici o di salute non possono essere sostituiti, ai requisiti che l’imballaggio dovrebbe avere per potersi parlare di “sigillatura”, e alla necessità di informare preventivamente il consumatore in merito alla decadenza dal diritto di recesso, in caso di rimozione dei sigilli. La Corte, nel precisare che le norme che derogano ad un diritto riconosciuto dall’UE devono essere interpretate restrittivamente, risponde a tali questioni affermando che il materasso la cui pellicola protettiva è stata rimossa, non rientra nelle eccezioni al diritto di recesso in quanto sia la rimozione dell’imballaggio che l’eventuale contatto del materasso con il corpo umano, non fa venir meno la garanzia in termini di protezione della salute o igienici cui la sigillatura è funzionale.
La Corte, ricorda infatti, che uno stesso e unico materasso è utilizzato dai clienti successivi di un albergo, che esiste un mercato di materassi usati ed equiparando il materasso agli indumenti, specifica come corrisponde all’intento del legislatore (considerando 37 e 47 della Direttiva) di consentire all’acquirente, nel contesto di una vendita a distanza, di provare gli stessi anche se possono entrare direttamente in contatto con il corpo umano in quanto una pulitura o disinfezione può renderli idonei all’utilizzo da parte di un terzo e, dunque, ad una nuova commercializzazione, senza compromettere le esigenze di protezione della salute o igieniche. In tali circostanze, pertanto, il consumatore non perde il diritto di recesso ma rimane, tuttavia, responsabile, così come previsto dalla norma, della diminuzione del valore risultante da una manipolazione del bene diversa da quella necessaria per stabilire la natura, le caratteristiche e il funzionamento dello stesso.
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