Truffa dei Diamanti

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Il caso passato alle cronache come la “truffa dei diamanti” ha visto coinvolti moltissimi risparmiatori, che hanno acquistato da varie Banche e società venditrici di pietre preziose, uno o più diamanti ad un prezzo di gran lunga superiore al reale valore delle pietre stesse.

In particolare, queste società venditrici di pietre preziose stipulavano con alcune banche italiane (Intesa San Paolo, Banco BPM, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena, Banca Suasa) contratti di collaborazione proprio allo scopo di vendere i propri diamanti, grazie all’intermediazione di queste ultime, ai clienti.

Gli Istituti di credito consigliavano ai clienti l’impiego dei propri risparmi nell’acquisto di diamanti da investimento, presentando tale acquisto come un investimento sicuro da speculazioni e oscillazioni di mercato e prontamente liquidabile, e mostrando, altresì, materiale informativo e pubblicitario raffigurante “quotazioni” pubblicate sul quotidiano economico “Il Sole 24 Ore”, che corrispondevano, però, in realtà, a delle inserzioni pubblicitarie pubblicate dalle stesse società venditrici.

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Se ti sei già chiesto se esiste un modo per essere risarcito: la risposta è si!

Lo scandalo dei diamanti


Lo scandalo scoppiava nell’ottobre del 2016, quando l’inchiesta condotta dal programma Report rivelava come i diamanti commercializzati dalle due società venditrici di pietre preziose avessero un valore nettamente inferiore rispetto al prezzo pagato, determinando la vanificazione di ogni finalità di investimento e prudente conservazione del risparmio perseguita dagli ignari risparmiatori.

A questo punto, nell’ottobre 2017, l’Autorità Garante della Concorrenza e del mercato (AGCM) sanzionava le due società venditrici e le banche coinvolte per pratiche commerciali scorrette, appurando che gli investitori erano stati ingannati con una serie di comportamenti scorretti:

  • i diamanti erano venduti ad un prezzo gonfiato, molto superiore alle quotazioni di mercato;
  • al momento dell’acquisto l’investimento veniva presentato come un investimento sicuro, in costante crescita, ma in realtà tali informazioni erano false;
  • l’investimento veniva presentato come facilmente liquidabile, e anche in tempi brevi, mentre, invece, per poter liquidare i diamanti, si rendeva necessario trovare un compratore disposto ad acquistare al prezzo (gonfiato) a cui i diamanti erano stati venduti all’investitore.

In data 15.11.18, il TAR del Lazio confermava le sanzioni irrogate dall’Antitrust nei confronti di banche e società venditrici che proponevano investimenti in diamanti, data la “prospettazione omissiva e ingannevole” relativamente al valore dei diamanti, delle quotazioni crescenti del mercato, la facile liquidità e rivendibilità nonché la qualifica di leader ai consumatori.

Come tutelarsi e recuperare i risparmi persi?

Il cliente “truffato”, per ottenere il rimborso delle somme investite, dovrà necessariamente valutare un’iniziativa contro le banche che hanno intermediato la vendita dei diamanti stessi. Ad oggi, i risarcimenti conseguiti da parte dei risparmiatori sembrerebbero confermare le evidenti responsabilità degli Istituti di credito nei confronti dei loro clienti, la cui fiducia è stata irrimediabilmente tradita. Proprio sulla responsabilità delle Banche coinvolte nello scandalo dei diamanti, si citano due recentissime pronunce favorevoli ai risparmiatori.

  • il Tribunale di Verona, con ordinanza del 23.05.19, su ricorso di un cliente che chiedeva la restituzione integrale del prezzo versato per l’acquisto dei diamanti e preso atto delle pronunce dell’AGCM del 30/10/2017 e del TAR Lazio del 14/11/2018, ha condannato un Istituto di Credito a risarcire i danni patiti dal proprio cliente quantificati in misura pari alla differenza tra il reale valore delle pietre (valutato in base ad una quotazione di mercato affidabile) e quanto versato per l’acquisto.
  • Dello stesso avviso sembra essere anche il Tribunale di Lucca, che con sentenza n. 1674 del 22.11.19 ha condannato un Istituto di credito a risarcire al cliente la differenza tra il prezzo pagato per l’acquisto del diamante ed il suo valore reale, affermando che “la banca svolgeva esattamente il medesimo ruolo svolto in relazione a qualunque altra forma di investimento, vale a dire quello di termine di riferimento del cliente, al fine di orientare le scelte di quest’ultimo” e ritenendo che “Non v’è dunque dubbio che anche con riferimento al punto in questione sussista, in capo alla banca, un profilo di inadempimento al proprio obbligo di fornire al cliente un’informazione corretta e completa in merito all’investimento proposto”.

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