L’unione civile è disciplinata dalla legge n. 76/2016 con il quale si intende la formazione sociale costituita da due persone che siano maggiorenni e dello stesso sesso.
Essa viene costituita mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale dello stato civile con la presenza di due testimoni.
I diritti sanciti attraverso l’unione civile concernono la materia successoria, la pensione di reversibilità in caso di morte del partner, il ricongiungimento famigliare, il diritto di ricevere informazioni sullo stato di salute del partner e di prendere decisioni in presenza di situazioni di incapacità o decesso dello stesso (es. donazione organi).
Quali sono i diritti e gli obblighi all’interno di un’unione civile?
Come sopra richiamato per l’istituto del matrimonio sorge l’obbligo di assistenza morale e materiale; l’obbligo di coabitazione e infine di contribuzione ai bisogni comuni in relazione alle proprie sostanze.
Manca però completamente il riferimento all’obbligo di fedeltà e di collaborazione nell’interesse della famiglia dell’altro.
La disciplina dettata dal comma 13, dopo aver imposto il regime della comunione, effettua un rinvio alla disciplina codicistica.
Per gli uniti civilmente si applicano le norme in materia di convenzioni matrimoniali; le norme in materia di comunione legale, comunione convenzionale e separazione dei beni; le norme in materia di fondo patrimoniale, con il quale gli uniti civilmente possono destinare determinati beni, con tutti i limiti e le regole di cui agli articoli 167 e ss.
Vediamo il comma 21 della legge 76/2016: rinvia alle norme del Codice civile per quel che riguarda l’indegnità (articoli da 463 a 466 del Codice civile), la tutela dei legittimari (articoli da 536 a 564 del Codice civile), la disciplina sulle successioni legittime (articoli da 565 a 586del Codice civile), la collazione (art. 737 a 751 Codice civile) e il patto di famiglia (art. da 768 bis a 768 octies del Codice civile).
Ai sensi del comma 25 della presente legge restano i diritti dell’ex unito civilmente superstite previsti dagli artt. 9 comma 2 e 9 bis della legge 898/1970 relativi all’assegno divorzile e alla pensione di reversibilità.
La disciplina dettata dal comma 25 della presente legge rinvia alla legge 898/1970 in materia di divorzio. Nell’unione civile, la fase intermedia della separazione non è proprio contemplata e si passa direttamente al divorzio.
Lo scioglimento dell’unione civile è più veloce rispetto al matrimonio e prevede che la coppia, in modo congiunto oppure in modo disgiunto, comunichi all’ufficiale di Stato civile la volontà di mettere fine al rapporto.
Dopo tre mesi, i partner possono proporre domanda di divorzio, che avrà come oggetto la regolamentazione di aspetti, come l’affidamento dei figli, l’assegnazione della casa e la possibilità di riconoscere alla parte economicamente più debole il diritto agli alimenti.
Se si dovesse arrivare a un accordo, per sciogliere il vincolo i partner hanno tre possibilità:
Se una delle due parti dovesse decidere di provvedere alla rettificazione del sesso, ad esempio se la compagna vuole diventare uomo, in presenza di simili circostanze si procede allo scioglimento in modo automatico e non si rende necessaria nessuna comunicazione.
Lo stesso discorso vale in caso di decesso del partner.
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