PER LA CORTE DI CASSAZIONE LA VIOLENZA VERSO IL CONIUGE E' TALMENTE GRAVE DA NON RENDERE NECESSARI ULTERIORI ACCERTAMENTI

(Cass. Civ. Sez. I, Ord., 18 dicembre 2023, n. 35249.)

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Per la Corte di Cassazione le violenze in famiglia sono "violazioni talmente gravi ed inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole non solo la pronuncia di separazione personale ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore, e da esonerare il giudice del merito dal dovere di comparare con esse, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della loro gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei" (Negli stessi termini anche Cass. 31351/2022; Cass 7388/2017).

Il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi - previsto e punito dall'art. 572 codice penale - reprime le condotte reiterate nel tempo lesive dell'integrità fisica e morale, realizzate nei confronti di un familiare o di un convivente.
 
Sul tema la Corte di Cassazione con ordinanza n. 35249 del 18 dicembre 2023 – uniformandosi alla costante giurisprudenza - sancisce che “le reiterate violenze fisiche e morali costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, ma anche la dichiarazione della sua addebitalità all’autore di esse”.
In tal caso la violenza è considerata talmente grave da non rendere necessari ulteriori accertamenti. 
 
Peraltro la pena in caso di maltrattamenti in famiglia si considerano aggravati se anche una sola delle condotte viene posta in essere alla presenza di un minore o nei confronti di una donna in stato di gravidanza; e non costituisce alcuna scriminante il fatto che il minore sia un infante.
 
In sede di separazione / divorzio il coniuge violento è sempre responsabile della separazione. Infatti la Corte di Cassazione ha affermato che le reiterate violenze fisiche e morali inflitte da un coniuge all’altro costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore di esse.
 
Dall’istruttoria espletata nel corso del procedimento dalla Corte di Cassazione (ordinanza n. 35249 del 18 dicembre 2023) è risultato che l’uomo, in più occasioni, era stato violento ed aggressivo, arrivando a puntare un coltello verso la moglie anche nell’intento di estorcerle denaro. Circostanze, queste, tutte provate attraverso prove testimoniali e la produzione dei referti del pronto soccorso della donna a seguito delle percosse e delle lesioni cagionate dal marito.
Secondo l’uomo le violenze sarebbero avvenute nell’ambito di un rapporto deteriorato e, pertanto, sarebbero state ininfluenti ed irrilevanti rispetto alla decisione di porre fine al matrimonio.
Tuttavia secondo la Suprema Corte, in realtà, ai fini del riconoscimento della responsabilità della separazione, non solo deve ritenersi irrilevante la posteriorità temporale delle violenze rispetto al manifestarsi della crisi coniugale, ma ha anche osservato come le stesse violenze costituiscano "violazioni talmente gravi ed inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole non solo la pronuncia di separazione personale ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore, e da esonerare il giudice del merito dal dovere di comparare con esse, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della loro gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei" (conformi anche Cass. 31351/2022; Cass. 7388/2017).
 
In buona sostanza, la Corte Cassazione ha ribadito gli orientamenti già espressi in merito, evidenziando in particolare che la posteriorità della condotta rispetto al manifestarsi della crisi coniugale è irrilevante, poiché la violenza non può mai giustificarsi come “reazione” successiva al comportamento del soggetto passivo. Inoltre, ai fini del riconoscimento dell’addebito della separazione, il giudice non è tenuto ad effettuare il giudizio di comparazione e bilanciamento delle condotte reciproche dei coniugi, posta la indiscutibile maggiore gravità delle azioni di violenza rispetto a qualsiasi altro comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio come, ad esempio, l’infedeltà o l’abbandono del tetto coniugale.
 
Si evidenzia, infine, un ultimo significativo passaggio della pronuncia in rassegna dove la Suprema Corte ha affermato che anche "un singolo episodio di violenza è idoneo a sconvolgere definitivamente l’equilibrio della coppia poiché lesivo della dignità della persona".

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