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Tar, ricorso di Codacons e Comuni. Oggi la sentenza

VICENZA E’ attesa per oggi la sentenza del Tar del Veneto sul ricorso del Codacons che contesta irregolarità procedurali nell’iter amministrativo per la costruzione della nuova Base Usa Dal Molin. Ieri al Tar per la prima volta un’udienza a porte aperte.  Di fronte a un piccolo pubblico, una quindicina di persone appartenenti ai diversi comitati che si oppongono alla base, si sono confrontati in un serrato duello l’avvocato Carlo Rienzi, presidente del Codacons, e l’avvocato dello Stato, Vittorio Cesaroni. Le «squadre» erano completate da Daniela Salmini per la Regione Veneto da una parte, e dall’altra i legali del Comune di Vicenza, di Padova e della società Aeroporti Vicentini. La prima sezione del Tar, presieduta dal presidente Bruno Amoroso, alle 19.10, dopo quasi due ore di dibattimento, si è ritirata in camera di consiglio. Per la prima volta le due parti si sono confrontate sul merito della questione: se il complesso iter seguito dal governo italiano per autorizzare la costruzione della base Usa abbia rispettato la legge.  Carlo Rienzi, per il Codacons, ha iniziato contestando un «comportamento scorretto» da parte dell’Avvocatura dello Stato durante il dibattito processuale: sotto accusa le omissioni e i ritardi nel consegnare i documenti richiesti dal tribunale. Fra queste carte c’è la famosa lettera («Caro George…») spedita nel 2007 dall’allora presidente del Consiglio Romano Prodi all’inquilino della Casa Bianca George W. Bush. Lettera in cui Prodi ribadiva il consenso alla Ederle 2.  L’avvocato del Codacons contesta che questa possa rappresentare un consenso ufficiale del governo: mancherebbe un documento ufficiale rappresentativo di tutto l’esecutivo. A sostegno di questa tesi, Rienzi tira fuori una dichiarazione rilasciata dall’ex ministro dell’ambiente Alfonso Pecoraro Scanio come risposta a un’interrogazione parlamentare: in questo parere Pecoraro sostiene che per il Dal Molin sia necessaria la Via, e che la nuova base non rientri fra le opere di difesa nazionale. Proprio sull’assenza della Via, Rienzi attacca a fondo: la deroga all’analisi degli impatti sull’ambiente è prevista solo in casi eccezionali, quando l’opera in questione sia di difesa nazionale, e quando tale valutazione può pregiudicare la sicurezza nazionale.  Per il Codacons, il Dal Molin rientra in un’altra fattispecie: le opere costruite da utenti alleati dell’Italia. Ma in questo caso la Via si imporrebbe. Contestata anche la Valutazione d’Incidenza Ambientale (Vinca) operata dalla Regione Veneto: secondo Rienzi essa si riferisce al vecchio progetto, quello sul lato est della pista aeroportuale; andrebbe quindi rifatta secondo il nuovo progetto a ovest. L’avvocato Daniela Salmini ha ribattuto che, al contrario, la Vinca comprende tutta l’area, sia est che ovest. Non solo: i danni alle falde acquifere paventati dai ricorrenti non sarebbero in realtà mai stati provati. Proprio sugli impatti ambientali si è svolto un duello a colpi di perizie: l’Avvocatura di Stato ha portato una perizia redatta dal professor Giuseppe Ricceri dell’Università di Padova, secondo cui la costruzione della Base non influisce sulla falda freatica in profondità, da cui si ricava l’acqua degli acquedotti, ma può creare solo cambiamenti nel deflusso delle acque superficiali. L’altra perizia, presentata dal Comune di Vicenza e da quello di Padova, e redatta dal Centro Idrico di Novoledo, sottolinea proprio questi rischi: i pali di fondazione della base causerebbero il mancato deflusso dell’acqua a valle, causando allagamenti a monte. Un nuovo ricorso, intanto, è stato presentato ieri: è promosso da Legambiente, Coordinamento dei Comitati, comitato Più Democrazia e dal Comune di Vicenza. Impugnando singoli documenti emersi durante quest’ultimo dibattimento, si contestano atti non conformi alle norme.

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