Lo propone Intesa consumatori (il team di sigle che include Adoc, Adusbef, Codacons e Federconsumatori) rilanciando l`arma dello sciopero della spesa, già impugnata in altre occasioni e settori, e fissando al 18 settembre la giornata di astensione collettiva dall`acquisto. La crisi economica in corso – rileva Intesa spiegando l`iniziativa – sta impoverendo sempre più le famiglie. Servono allora “dura lotta, ferme prese di posizione e partecipazione di tutti. L`incessante escalation dei prezzi, soprattutto per i principali generi alimentari, continua infatti a stremare i cittadini“. Insieme ai carburanti trascinati dal volo del petrolio, proprio pane e pasta guidano, del resto, la lista dei prezzi roventi, quelli aumentati di più nell`ultimo anno: del 25% la pasta, secondo l`Istat, e del 13% in media (ma con punte ben più alte per varie tipologie di uso ampio e quotidiano, ma ritenute “speciali“) il pane. E tra i generi indiziati di rincari arcisensibili ci sono anche latte e prodotti ortofrutticoli, per i quali ultimi sarebbe il numero esorbitante di passaggi e mediazioni dal campo al consumatore, secondo Antitrust e Banca d`Italia che se ne sono occupate di recente, a “gonfiare“ il cartellino. Partita sul fronte del carrello della spesa, la battaglia dei prezzi tracima intanto su quello dei ristoranti. Con un pesante scambio polemico tra Adoc e Fipe, l`associazione di categoria dei pubblici esercizi. Secondo una nota diffusa ieri dall`Adoc, infatti, mangiare al ristorante costerebbe in media il 17% in più di un anno fa, con punte del 20%, e conseguente calo di presenze vicino al 13%. A salvarsi dal gelo innescato dal caro-menu sarebbero solo le “solite“ pizzerie, refugium peccatorum dell`uscita serale, dove i coperti crescerebbero del 2%. Ma all`Adoc risponde per le rime la Fipe, accusandola di diffondere cifre raccolte con mezzi inaffidabili, e di far danni, quindi, con un`informazione scorretta. “Piaccia o no – afferma Edi Sommariva, direttore generale dell`associazione – la legge va rispettata. Esistono regole precise quando si vuole divulgare un andamento, soprattutto se a carattere sociale ed economico“; mentre l`Adoc stessa, accusa Sommariva, ammette che la rilevazione diffusa sarebbe stata calcolata su notizie riferite da volontari e indicazioni spedite via Internet da clienti di ristoranti e affini. Un modo “scorretto per contrastare il carovita – spiega Sommariva – e soprattutto illegale e deviante di informare. Il calo di presenze nei pubblici esercizi, così come nel turismo, dipende dal deprezzamento del dollaro sull`euro e dallo scarso potere d`acquisto dei salari“. E Sommariva cita i dati ufficiali Istat di giugno sull`inflazione secondo i quali “l`aumento registrato per i pubblici esercizi è inferiore a quello generale dei prezzi“.